Professione

Circoli, cene e alberghi per fare rete con i clienti: ecco le spese deducibili

Difficile dimostrare l’inerenza delle quote di iscrizione ad associazioni e ritrovi, anche esclusivi

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di Rosanna Acierno

La ricerca di nuovi clienti per i professionisti non passa soltanto dai social. Resistono ancora prassi più convenzionali, sempre per «fare rete». Si tratta in altre parole, del cosiddetto networking che si traduce in spese a favore del potenziale cliente (cene, ad esempio) oppure altri costi, compresi quelli per iscriversi ad associazioni e circoli sportivi o ricreativi (di solito, prestigiosi e selettivi anche nelle quote di iscrizione) che rappresentano un sicuro luogo di incontro per nuovi o potenziali clienti. Al di là della polemica di questi giorni sul divieto di iscrizione alle donne ancora in essere in alcuni di questi circoli esclusivi, sul fronte fiscale in assenza di indicazioni normative e di prassi specifiche, continuano a persistere dubbi sul trattamento da riservare a queste spese “promozionali”.

Non è così immediato capire, infatti, se si tratti di spese totalmente indeducibili dal reddito imponibile o se, al contrario, siano spese integralmente deducibili; o ancora se si tratti di spese di rappresentanza deducibili dal reddito di lavoro autonomo entro il limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo di imposta.

Non si può peraltro sottovalutare la costante attenzione che da sempre il Fisco rivolge, nell’ambito di controlli mirati, sia ai costi dichiarati dal professionista per verificarne la legittima deduzione, che agli enti non profit per verificarne i requisiti, acquisendo, in tale ultimo caso, anche i nominativi degli iscritti da sottoporre ad ulteriori verifiche. Ma procediamo con ordine.

Il quadro normativo

Secondo quanto stabilito dall’articolo 54, comma 5 del Dpr 917/86, le spese di rappresentanza sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo entro il limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo di imposta.

Secondo poi quanto chiarito dall’agenzia delle Entrate nella circolare 34/E del 2009, la disciplina delle spese di rappresentanza recata nell’ambito del reddito di impresa dal Dm 19 novembre 2008 rileva anche ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo.

Pertanto, fermi restando i limiti di deducibilità sopra indicati, per identificare le spese di rappresentanza occorre riferirsi al Dm 19 novembre 2008 in base al quale il carattere fondamentale delle spese di rappresentanza deve essere rinvenuto:

O nella gratuità, nel senso che esse non devono essere collegate ad una controprestazione;

O nella effettiva finalità promozionale o di pubbliche relazioni;

O nella ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici;

O nella coerenza con pratiche commerciali del settore in cui il soggetto economico si trova ad operare.

Le iscrizioni

Alla luce di quanto sopra è evidente che le spese di iscrizione a circoli, sportivi e di altra natura, non possono rientrare tra quelle di rappresentanza, perché c’è una immediata controprestazione: l’accesso al circolo. Viene meno quindi il requisito della spesa sostenuta senza una contropartita.

Si potrebbe allora pensare di potere dedurre integralmente queste spese dal reddito di lavoro autonomo, qualora il professionista fosse in grado di dimostrare che sono direttamente connesse alla produzione dei compensi. Ma è ̀ una prova molto difficile da fornire, anche alla luce del costante orientamento giurisprudenziale di legittimità che sancisce in capo al contribuente la spettanza dell’onere della prova dell’inerenza di un costo.

In altri termini, in caso di integrale deduzione della quota associativa e di successiva contestazione del fisco, il professionista sarebbe chiamato a fornire la difficile prova che l’iscrizione al circolo non è stata effettuata anche per finalità personali, ma per intrattenere relazioni utili al solo procacciamento di clienti.

L’ospitalità

Al contrario, le spese per ristorazione e prestazioni alberghiere sostenute dal professionista per i clienti (anche potenziali) in visita presso lo studio - sulla base di quanto stabilito dal Dm del 19 novembre 2008 per il reddito di impresa che è applicabile anche ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo - non possono essere qualificate come spese di rappresentanza.

Ma sono, dunque, deducibili nella misura del 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta.

Il trattamento fiscale

Quote associative per circoli
Da considerarsi indeducibili dal reddito professionale. In assenza del requisito della gratuità, esse non possono essere qualificate come spese di rappresentanza, né tantomeno come spese inerenti e, dunque, deducibili a causa della difficoltà a provarne la diretta connessione alla produzione dei compensi

Prestazioni alberghiere e di ristorazione diverse da quelle anticipate in nome e per conto del cliente riaddebitate in fattura
Integralmente deducibili dal reddito professionale e detraibili ai fini Iva secondo le regole generali, fermo restando che il relativo rimborso è assimilato ad un compenso, con obbligo di assoggettamento a ritenuta e ad Iva

Prestazioni alberghiere e di ristorazione diverse da quelle anticipate in nome e per conto del cliente non riaddebitate in fattura
Deducibili dal reddito di lavoro autonomo nella misura del 75% del loro ammontare e, in ogni caso, per un importo non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta. In pratica, esse devono essere, in via preliminare, assoggettate al limite di deducibilità del 75% e poi, sottoposte al limite di deducibilità del 2% dei compensi

Spese per ospitalità (vitto e alloggio) di clienti di particolare “interesse”
Sulla base del Dm 19 novembre 2008, non sono qualificabili come spese di rappresentanza. Quindi sono deducibili nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta

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