Controlli e liti

Stop alla rettifica dei valori doganali se l’ufficio non rispetta i criteri Ue

di Marco Nessi , Roberto Torelli

È illegittimo l’accertamento con cui la Dogana procede a rettificare il valore doganale dichiarato in sede di importazione sulla base del valore risultante da una banca dati, se l’ufficio non rispetta il criterio gerarchico di determinazione del valore delle merci importate previsto dal codice doganale comunitario (regolamento Cee n. 2913/1992). A dirlo è la Ctr della Liguria nella sentenza n. 552/3/2022 (presidente Venturini, relatore Goso).

Nel caso in esame l’agenzia delle Dogane rettificava il valore dichiarato in sede di importazione di alcune merci di origine cinese, ritenendo inattendibile il valore di transazione dichiarato dal contribuente. In particolare il valore doganale delle merci veniva rideterminato assumendo a riferimento i valori contenuti in una banca dati dalla quale risultavano i valori delle materie prime utilizzate nella fabbricazione delle merci importate e di merci similari.

Dopo due primi gradi di giudizio favorevoli all’ufficio e un accoglimento con rinvio disposto dalla Cassazione, in sede di riassunzione il contribuente, tra i motivi di impugnazione, ribadiva la violazione dell’articolo 30 del regolamento Cee 2913/1992, in base al quale, nel caso in cui il valore di transazione dichiarato risulti inattendibile, l’ufficio ai fini della rettifica del valore doganale deve utilizzare i criteri ivi indicati in rigoroso ordine gerarchico. In pratica, se il valore in Dogana non può essere stabilito in base al valore di transazione, i criteri che l’ufficio deve seguire in ordine gerarchico nella rettifica sono i seguenti:

il valore di transazione di merci identiche;

il valore di transazione di merci similari;

il valore fondato su prezzo unitario;

il valore calcolato uguale alla somma del costo o del valore delle materie prime e delle operazioni di fabbricazione delle merci importate; l’ammontare degli utili e delle spese generali uguale a quello che comporta la vendita di merci della stessa qualità o specie.

Solo nel caso in cui non sia possibile determinare il valore doganale sulla base di questi criteri, l’articolo 31 del Codice doganale comunitario consente il riferimento ad altri «dati disponibili nella Comunità».

Nel caso di specie, nell’accogliere le argomentazioni difensive del contribuente, la Ctr ha riconosciuto l’illegittimità della rettifica del valore delle merci dichiarato in dogana, in quanto l’ufficio aveva fatto riferimento ai dati desunti da una banca dati il cui utilizzo non era previsto.

Tutt’al più, ai sensi del criterio residuale previsto dal successivo articolo 31, avrebbero potuto essere utilizzati in un secondo momento, se fosse stato impossibile determinare il valore in base ai criteri indicati (Cassazione civile, sezione tributaria, 31464/2019). Così operando, a prescindere dalla concreta affidabilità del database utilizzato, l’ufficio ha quindi omesso di seguire l’ordine dei criteri di determinazione del valore sanciti dalla normativa europea, con conseguente illegittimità degli avvisi di rettifica.

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