Diritto

Crisi d’impresa, la confisca penale prevale sulla liquidazione giudiziale

di Giuseppe Acciaro e Roberto Paese

In caso di sequestro penale funzionale alla confisca di beni aziendali già inclusi o da includere nella massa attiva della procedura di liquidazione giudiziale, prevale la misura ablatoria che li escluderà dalla liquidazione giudiziale; sarà l’amministrazione giudiziaria a gestire i beni sequestrati fino al termine del procedimento penale o alla confisca definitiva.

Lo ha previsto il Codice della crisi (in vigore dal 15 luglio scorso) che ha fissato le condizioni e i criteri di prevalenza in caso di sovrapposizione del sequestro penale con la liquidazione giudiziale o viceversa, regolamentando un ambito non normato dalla legge fallimentare. Il Dlgs 14/2019 ha recepito le indicazioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità, prevedendo però una deroga per alcuni tipi di sequestro: il sequestro conservativo e (ad eccezione di alcune situazioni particolari) il sequestro impeditivo.

Il Codice della crisi ha anche esteso la tutela dei diritti dei terzi sui beni sequestrati sulla base delle regole del Codice antimafia (Dlgs 159/2011) operanti per le misure di prevenzione.

La prevalenza

Il nuovo principio generale di prevalenza stabilito dal Codice della crisi nel rispetto e nei limiti della legge delega (legge 155/2017), rimettendo la gestione dei beni sequestrati nelle more della confisca, la liquidazione e/o destinazione dei beni confiscati agli organi e/o enti previsti dal Codice antimafia, riconosce uguale trattamento e tutela a tutti i terzi creditori in buona fede che vantino diritti sui beni sequestrati/confiscati penalmente, a prescindere dal reato da cui scaturisce il procedimento penale a carico del proprio debitore.

Si pone così fine all’asimmetria (di tutele) fra i creditori di soggetti i cui beni erano sottoposti a sequestri funzionali alle confische “ordinarie” rispetto a quelli sottoposti a sequestri funzionali alle confische “speciali” (o per casi particolari), per criminalità organizzata o reati gravi di competenza distrettuale, o a misure di prevenzione, disciplinate dal codice antimafia, e in quanto tali a tutela procedimentalizzata.

Le deroghe

Sono previste, però, alcune deroghe.

1 Una prima deroga opera nei confronti del sequestro preventivo (articolo 321, comma 1, del Codice di procedura penale) con finalità impeditive dell’aggravamento o del protrarsi delle conseguenze del reato, fatta eccezione del caso in cui il sequestro preventivo impeditivo insista su cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisca reato e salvo che tali attività possano essere consentite mediante autorizzazione amministrativa.

Al sopraggiungere della procedura di liquidazione giudiziale il conseguente tipico suo effetto dello spossessamento fa venir meno l’esigenza del vincolo alla circolazione imposto sulla cosa e il conseguente rischio che la persistenza della disponibilità delle cose oggetto di sequestro in capo all’indagato e/o imputato possa aggravare gli effetti del reato, protrarne le conseguenze ovvero agevolarne la commissione di nuovi.

Quando, disposto il sequestro preventivo impeditivo, è dichiarata l’apertura della liquidazione giudiziale sulle medesime cose, è infatti previsto che il giudice, a richiesta del curatore, revochi il decreto di sequestro e disponga la restituzione delle cose in suo favore. Va da sé che nessuna ratio troverebbe un provvedimento di applicazione del sequestro preventivo a natura impeditiva successivo alla apertura della liquidazione per mancanza del rischio di aggravamento delle conseguenze del reato.

2 Un’altra deroga alla prevalenza del sequestro sulla liquidazione giudiziale riguarda il sequestro conservativo, ossia quel particolare vincolo impresso ad uno o più beni dell’imputato volto a conservare una garanzia patrimoniale per un eventuale e futuro ristoro economico della parte civile, costituita nel processo penale per vedersi riconosciuto il ristoro del danno causato dal reato o per le altre somme dovute all’Erario in caso di condanna (pene pecuniarie, spese di procedimento, eccetera).

È una deroga che trova la sua ratio nella funzione tipicamente conservativa che viene assorbita dal procedimento della liquidazione giudiziale. Il Codice prevede, infatti, che in caso di sopravvenuta liquidazione giudiziale il sequestro conservativo viene revocato; mentre in caso di apertura della liquidazione nessun sequestro conservativo di data successiva può essere disposto.

La tutela dei diritti dei terzi

Il Codice della crisi estende ai sequestri penali, ai fini della tutela dei diritti dei terzi e nei rapporti con le procedure di liquidazione giudiziale, le regole contenute nel titolo IV del Codice antimafia, secondo il quale:

i creditori del sequestrato non potranno iniziare azioni esecutive sui beni in sequestro o proseguire quelle eventualmente avviate;

sarà lo stesso giudice che ha disposto il sequestro penale – di solito il giudice per le indagini preliminari – ad avviare, dopo la confisca di primo grado, la procedura per la tutela dei diritti dei terzi assegnando agli stessi un termine per la proposizione della domanda di ammissione e all’esito della verifica, disporre l’eventuale ammissione o l’esclusione del relativo credito formando uno stato passivo in base al quale, una volta esaurita la fase impugnatoria, lo Stato o l’agenzia per i beni sequestrati e confiscati provvederà al pagamento dei crediti verificati, ma sempre nei limiti del 60% del valore di stima dei beni confiscati o dalla somma ricavata dalla vendita degli stessi al netto delle spese del procedimento e di amministrazione giudiziaria, secondo le procedure del Codice antimafia;

se la massa attiva della procedura di liquidazione giudiziale è costituita solo da beni sequestrati questi verranno consegnati all’amministratore giudiziario che si occuperà di gestirli e liquidarli o destinarli secondo le direttive giudiziali e gli organi della procedura di liquidazione giudiziale dovranno valutare la sussistenza dei presupposti per la relativa chiusura.

Ulteriori modifiche

Queste nuove norme sono però oggetto del progetto di riforma dei reati fallimentari (Commissione Bricchetti) che, con un parziale cambio di rotta, potrebbe limitare la prevalenza dei sequestri penali sulla liquidazione giudiziale solo ai casi di sequestri funzionali a confische “speciali”, ossia nei procedimenti penali per reati di criminalità organizzata e per i reati gravi di competenza distrettuale.

L’obiettivo dichiarato è favorire la soddisfazione dei creditori degli imprenditori i cui beni sono stati sottoposti a sequestri funzionali alle confische “ordinarie” da parte della procedura di liquidazione giudiziale, risparmiando così loro le procedure giudiziali previste dal Codice antimafia, le limitazioni di legge e i tempi di liquidazione da parte dello Stato.

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