Buoni acquisto ceduti ai dipendenti non soggetti a Iva
La Corte di giustizia Ue: non sono assimilabili alle prestazioni di servizi a titolo oneroso le cessioni
Non possono considerarsi assimilate alle prestazioni di servizi a titolo oneroso le cessioni di buoni-acquisto ai dipendenti nell’ambito di un programma promozionale e, di conseguenza, non sono soggette a Iva.
La sentenza della Corte di giustizia (C-607/20) potrebbe avere una portata che va oltre i confini del Regno Unito.
Il tema è di welfare aziendale. Una società Uk, che svolge attività nel settore della fabbricazione di motori, istituisce un programma al fine di premiare i dipendenti più meritevoli ed efficienti. Tali premi consistono nell’assegnazione di buoni-acquisto da spendere presso rivenditori al dettaglio convenzionati.
La società in questione acquista tali buoni da un’altra società Usa e che all’atto di acquisto assolve l’imposta in reverse charge «recuperando al contempo, successivamente, la corrispondente imposta a monte». È noto anche che, al momento in cui il dipendente spende i buoni presso il rivenditore, quest’ultimo dichiara l’Iva a valle sul valore degli stessi.
In seguito a una verifica fiscale, alla società Uk viene contestata la mancata applicazione dell’Iva sul valore dei buoni assegnati.
Sul piano giuridico la vicenda è improntata sulla qualificazione, o meno, della descritta operazione come operazione assimilata ad una prestazione di servizi a titolo oneroso (articolo 26, paragrafo 1, lettera b, della direttiva Iva).
La valutazione dei giudici Ue non può prescindere dagli obiettivi del «programma promozionale».
Orbene, poiché lo scopo del programma è di incrementare il rendimento dei dipendenti e, pertanto, di contribuire ad una migliore redditività dell’impresa, la sua istituzione è diretta alla ricerca di maggiori profitti per la società. Mentre, il vantaggio che ne deriva per i dipendenti è da considerarsi accessorio rispetto alle esigenze dell’impresa. In altre parole, contribuendo tali premi a rafforzare la motivazione dei dipendenti, gli stessi produrrebbero effetti positivi in termini di rendimento e redditività. Di conseguenza, la loro attribuzione a titolo gratuito ai dipendenti non può considerarsi quale prestazione di servizi effettuata per fini estranei all’impresa e, quindi, non può considerarsi tassabile ai fini Iva alla stregua dell’autoconsumo.
Le ripercussioni della pronuncia della Corte di giustizia Ue potrebbero essere rilevanti anche per quello che non dice. Sembrerebbe, leggendo tra le righe della sentenza, che la società abbia detratto l’Iva sull’acquisto dei buoni, cosa che l’Amministrazione finanziaria non contesta né viene in rilievo in giudizio. Ebbene, se così fosse, occorrerebbe una valutazione anche in ambito nazionale in riferimento a tutte quelle volte in cui l’Agenzia o i giudici negano la detrazione sugli acquisti di beni/servizi assegnati a titolo gratuito ai dipendenti in ambito di una politica di welfare.