Controlli e liti

Il contenzioso sulle rettifiche agli edifici da demolire che ancora attende la parola fine

di Giuseppe Rebecca


Il contenzioso tra Fisco e contribuenti sulla riqualificazione ai fini Irpef della cessione di edifici da demolire, considerata cessione di area edificabile piuttosto che cessione di fabbricato, potrebbe arrivare a una conclusione positiva, per i contribuenti, anche se la Cassazione non ha dato sempre risposte del tutto univoche.

Questo il caso: fino al 2008 i plusvalori relativi a tali compravendite (esclusi in ogni caso immobili ereditati o posseduti da oltre 5 anni), non erano mai stati oggetto di alcuna tassazione, ai fini delle imposte dirette. A seguito di una risposta a un interpello, la risoluzione 396/E/2008 ha ritenuto invece tali cessioni assoggettabili ad Irpef, essendo di fatto equiparate alla cessione di terreni edificabili. Ecco quindi il gran contenzioso che vede lo scontro tra contribuenti, i quali hanno ceduto un fabbricato da demolire, e l’agenzia delle Entrate, che riqualifica tali atti come cessione di terreno edificabile.

Numerosissime sono state le sentenze di Commissioni tributarie, provinciale e regionale, che hanno contrastato l’approccio dell’amministrazione finanziaria con esse anche sentenze della Cassazione. La Suprema corte aveva così confermato l’orientamento della dottrina, e cioè che non si può considerare cessione d’area una cessione di fabbricato, esclusivamente per questioni che esulano dall’atto stesso. Con i primi interventi della Cassazione, del 2014 (sentenza 4150 e 15629 e nello stesso senso 15630 e 15631), interventi favorevoli ai contribuenti, o si confida si potesse mettere un punto fermo sulla questione. Tale illusione però è durata poco; infatti a sorpresa, una specifica interrogazione parlamentare di luglio 2014 sul punto ha avuto come risposta la conferma del corretto operato degli Uffici, disattendendo quanto sostenuto dalla Cassazione, quattro sentenze univoche non tenute, evidentemente, di nessun conto dall’amministrazione finanziaria.

All’interrogazione parlamentare di Giulio Cesare Sottanelli (n. 5-0322 del 15 luglio 2014), ha risposto, in data 31 luglio 2014, l’allora sottosegretario del ministero dell’Economia, Enrico Zanetti, che ha esposto in modo molto chiaro la problematica. Ci si aspettava una altrettanto esaustiva risposta, ma, purtroppo, così non è stato. Nella risposta, infatti, viene confermato che ai fini delle imposte indirette il trattamento fiscale da applicare è quello specifico per il bene trasferito (fabbricato) il che invero non era messo in discussione, mentre ai fini delle imposte dirette si conferma l’impostazione «cessione di area».

Ma in tale risposta c’è una precisazione molto importante e alquanto significativa: «Tenuto conto delle argomentazioni sviluppate dall’Agenzia, questo ministero si riserva di seguire i futuri sviluppi giurisprudenziali, monitorandone attentamente l’andamento» . Dopo le sentenze sopra indicate del 2014, l’anno seguente (2015), ci sono state due sentenze contrarie alla tesi dei contribuenti (12294/2015 e 16983/2015), seguite però da ben 7 sentenze favorevoli ai contribuenti (7599 e 7853 del 2016; 4361, 7714, 10113 - anche se riferita alle imposte indirette -, 15920 e 19129 del 2017).

A questo punto ci troviamo con 11 sentenze di Cassazione (2014/2017) favorevoli alla tesi dei contribuenti. Cosa aspetta il ministro Giovanni Tria, visto che il suo predecessore Pier Carlo Padoan è stato inattivo, nella sua riservata dichiarata azione di monitoraggio, a suggerire all’amministrazione finanziaria di presentare finalmente una circolare ad hoc? O saremo costretti a continuare ad adire il contenzioso, con aggravio di tempo e spese, anche per l’amministrazione finanziaria?

Speriamo ciò avvenga presto e che in ogni caso la Cassazione intervenga finalmente a Sezioni Unite.

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