La regola penalizza le donne? Sì al risarcimento
L’incompatibilità basata sul vincolo affettivo tra soci penalizza le donne
Una cooperativa non può condizione l’assegnazione di una doppia quota di prodotto ad un socio che, seppure in possesso dei requisiti di anzianità richiesti dal Regolamento, sia però unito ad altro socio o socia in forza di vincolo matrimoniale, unione civile o famiglia di fatto, o sia comunque legato da vincolo affettivo di coppia, anche se non dichiarata come un’unica famiglia anagrafica.
In una realtà lavorativa costituita soprattutto da uomini, questa disposizione regolamentare , apparentemente rivolta a soci e socie, ottiene l’effetto di discriminare soprattutto le donne. L'intervento della Consigliera regionale di Parità muove dalla considerazione che il patto regolamentare portato in giudizio realizza comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo che vanno ben oltre i danni individuali che potrebbero subire i singoli soci.
Accogliendo il ricorso promosso dalla Consigliera regionale di Parità della Regione Emilia Romagna, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Ferrara con decreto del 31 marzo scorso ha condannato la cooperativa a rifondere il danno derivante dalle suddette discriminazione mediante il pagamento alla Consigliera di Parità ricorrente della somma di 20.000 euro.
Il risarcimento è particolarmente elevato in quanto il Giudice ha considerato il danno non patrimoniale che trascende la sommatoria dell’interesse dei singoli ed è strumentale alla stessa affermazione del principio di uguaglianza sostanziale. Orbene la cooperativa ha approvato un regolamento che produce l’effetto di scoraggiare l’adesione femminile alla cooperativa e dal quale, se applicato, «può conseguire il ritorno dello stato occupazionale come quindici anni orsono, con una componente a larghissima maggioranza maschile».
Aiuta a comprendere la questione l’esempio numerico riportato nella ben argomentata sentenza: al singolo socio, con la regola della doppia quota, spetterebbero 59.064,00 euro e alla coppia, con la regola della doppia quota, 59.064,00 euro ossia la stessa cifra. Quindi con il sistema della doppia quota, il guadagno del singolo socio è aumentato (59.064,00 euro rispetto a 57.231,75) mentre quello della coppia legata da vincoli affettivi è pressoché dimezzato (da 114.463,50 euro a 59.064,00).
La disposizione, oltre ad apparire irrazionale, realizza una discriminazione indiretta in quanto il comportamento, apparentemente neutro, determina una ingiusta penalizzazione del guadagno di un socio sulla base di un vincolo affettivo di coppia che pone le donne in posizione di particolare svantaggio rispetto agli uomini in quanto esse sono scoraggiate ad entrare in cooperativa se ne è socio il loro marito o fidanzato o compagno essendo in tal caso il loro ingresso totalmente inutile dal punto di vista retributivo. Le donne subirebbero anche una discriminazione diretta in quanto sono soprattutto loro a subire la penalizzazione nell’accesso al lavoro nella retribuzione e, conseguentemente, nei diritti pensionistici.
Da qui la condanna della cooperativa al pagamento alla ricorrente della somma di 20.000 euro, oltre alle spese di lite liquidate in euro 12.756 per compensi e 1.913 per spese forfettarie, nonché alla pubblicazione del dispositivo sul quotidiano locale.