Contabilità

Le strategie di fuga nei paradisi fiscali

di Ivan Cimmarusti

Una «ingegneria tributaria» raffinata, basata su pregevoli studi giuridici che hanno lo scopo di aggirare le norme, così da distrarre capitali e profitti verso giurisdizioni opache e a fiscalità privilegiata.

Sono gli «schemi di pianificazione fiscale aggressiva»: sfruttando le falle di Convenzioni e Trattati riescono a far sparire nel nulla milioni di euro di base imponibile. Una massa di denaro che finisce per foraggiare fondi neri, il più delle volte destinati a finanziare forme di corruzione. Le indagini giudiziarie hanno già fatto luce sulle «escape strategy», vere e proprie strategie di fuga dal fisco italiano, per celare i profitti nelle casseforti di paradisi fiscali o Paesi a fiscalità privilegiata. Tra il 2017 e i primi mesi del 2018, infatti, la Guardia di Finanza ha scovato 2.120 casi di illeciti fiscali internazionali, come riportato nel bilancio operativo del Corpo.

Le relazioni investigative, poi, fanno luce su due rilevanti operazioni concluse dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano, che ha ricostruito triangolazioni societarie in Italia e all’estero, che servivano a far sparire i ricavi. Per entrambe le operazioni, la Guardia di Finanza ha segnalato alle Entrate proposte di recupero a tassazione di ricavi netti per 21 milioni di euro, oltre a 54 milioni di ritenute non effettuate e non versate.

Tutte queste indagini hanno consentito alle Fiamme gialle di mappare gli «schemi di pianificazione fiscale aggressiva». È il caso del “conduit”, che sfrutta la direttiva europea in materia di interessi e canoni per aggirare il fisco. Uno schema che può essere così sintetizzato: la capogruppo italiana di una società costituisce una controllata fasulla (conduit) in uno Stato dell’Unione europea con una pressione fiscale inferiore a quella italiana (ad esempio Lussemburgo, Olanda e Irlanda). La controllata, però, è priva di una reale struttura imprenditoriale, senza alcun tipo di asset, di personale e di autonomia patrimoniale: una scatola vuota creata al solo scopo di emettere prestiti obbligazionari garantiti dalla stessa casa madre italiana. Il risultato è che l’azienda principale trasferisce all’estero quello che sarebbe imponibile in Italia.

Un secondo schema molto utilizzato soprattutto dalle multinazionali è il “treaty shopping”, ossia l’abuso delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate in Italia. Un modo per azzerare il carico fiscale sulle plusvalenze. Il “treaty” si realizza quando una multinazionale con sede in Paesi off-shore (come Jersey, Guernsey e Isole Cayman) e con una società che produce in Italia, costituisce una controllata, dunque una sorta di “conduit”, in uno Stato che non aderisce alle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con l’Italia (ad esempio il Lussemburgo). Il risultato è che le plusvalenze fatte in Italia finiscono per essere tassate nel Paese dove ha sede la “conduit”, con tutti i vantaggi patrimoniali dovuti all’uso di una fiscalità agevolata.

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