Adempimenti

Detrazione Iva, la nota di variazione errata si può riemettere a fine procedura concorsuale

La risposta a interpello 485: nell’insinuazione al passivo il piano di riparto infruttuoso che attesta il mancato pagamento può costituire presupposto per la variazione in diminuzione

La nota di variazione errata, emessa all’inizio della procedura concorsuale, può considerarsi come non emessa e legittimare il creditore a riemettere correttamente la nota di variazione al termine della procedura concorsuale rimasta infruttuosa, maturando così il diritto alla detrazione dell’Iva mai percepita.

Con questi chiarimenti nella risposta a interpello 485/2022 del 3 ottobre, l’Agenzia delle entrate torna sul tema delle note di variazione e, richiamando precedenti pronunce, ribadisce il principio secondo cui il mancato pagamento a causa di procedure concorsuali deve essere riferito all’operazione originaria nel suo complesso e pertanto non è possibile emettere nota di variazione per il recupero della sola imposta. Secondo l’Agenzia, questo principio resta valido anche nell’ipotesi di nota di variazione emessa sin dall’apertura della procedura concorsuale.

In particolare, nel caso prospettato dall’istante, si trattava della emissione, all’avvio della procedura fallimentare, di una nota di variazione di sola Iva che, alla luce di quanto sopra evidenziato, risulta quindi errata. Peraltro, essendo spirato il termine entro cui la stessa avrebbe potuto essere riemessa correttamente, veniva meno la possibilità di esercitare il diritto a detrazione della relativa imposta.

Tuttavia, l’Agenzia individua una possibile soluzione al fine di recuperare comunque l’imposta mai percepita, legando la possibilità di emissione della nota di variazione non più all’avvio della procedura concorsuale, così come disposto dal comma 3-bis dell’articolo 26 del decreto Iva, ma alle ipotesi individuate dal comma 2 del medesimo articolo, che elenca ragioni ulteriori per le quali un’operazione fatturata può venire meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile. Tra i casi previsti dalla norma è possibile ricondurre tutte quelle cause in grado di determinare una modificazione dell’assetto giuridico instaurato tra le parti, caducando in tutto o in parte con effetto ex tunc gli effetti dell’atto originario.

Pertanto, l’Agenzia sostiene che in ipotesi di insinuazione al passivo, il piano di riparto infruttuoso che attesta il definitivo mancato pagamento del corrispettivo, può costituire autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione.

Individuata questa seconda possibilità, sembrerebbe di capire che l’Agenzia ritenga che la nota di variazione erroneamente emessa non sia ostativa alla possibilità di riemetterla correttamente, indicando imponibile e imposta, insinuandosi al passivo della procedura con successiva infruttuosità della stessa, evitando così di perdere il diritto alla detrazione dell’imposta effettivamente non percepita.

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