Imposte

Export bloccato dalla guerra: quando serve la nota Iva

Il mancato trasferimento dei beni mette a rischio il regime di non imponibilità. La situazione più delicata è quella in cui la merce viene ritirata direttamente in Italia

di Giampaolo Giuliani

Il conflitto in Ucraina e le sanzioni adottate dalla Ue nei confronti della Federazione russa stanno causando l’impossibilità di esportare verso gli Stati coinvolti beni connessi a contratti già perfezionati (tralasciando i casi di contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del divieto di esportazione verso la Russia).

A livello Iva, la mancata esportazione fa perdere la non imponibilità (articolo 8, Dpr 633/72). Il tema è delicato, perché non si sa cosa avverrà in futuro e non è possibile stabilire come dovranno essere gestite dal punto di vista Iva le esportazioni, soprattutto quando le forniture sono già state in tutto o in parte pagate e fatturate in regime di non imponibilità.

Ricordiamo in primis che il regime della non imponibilità delle cessioni all’esportazione richiede che i beni ceduti escano materialmente dal territorio nazionale e unionale. In caso di acconti, le fatture sono emesse, per l’importo ricevuto, in regime di non imponibilità (risoluzione 125/1998) sulla base dell’assunto che queste operazioni sono comunque connesse a beni di futura esportazione.

Non sono previsti limiti temporali quando l’esportazione è realizzata a nome o a cura del cedente nazionale (lettera a, comma 1, dell’articolo 8 citato); mentre se la merce viene consegnata nel territorio dello Stato italiano all’acquirente – operatore non residente – quest’ultimo deve trasferirla fuori dall’Unione entro 90 giorni dalla consegna (lettera b, del comma 1 citato). È questo il caso delle operazioni cosiddette ex works o franco fabbrica.

In questa cornice vanno calate le casistiche di questi giorni.

Se i contratti saranno risolti o annullati e l’esportazione non avrà più luogo, sarà possibile emettere una nota di variazione secondo quanto previsto dall’articolo 26 del Dpr 633/72 per annullare le fatture già emesse.

Diversamente, per i contratti non risolti, ma che rimangono sospesi, è necessario fare delle distinzioni.

In caso di cessioni all’esportazione di cui alla citata lettera a) sarà possibile attendere. Invece, per le esportazioni di cui alla successiva lettera b), trascorsi i 90 giorni dalla consegna del bene senza che questi siano esportati è necessario integrare la fattura con Iva nei 30 giorni successivi. La disposizione, tuttavia, si scontra con quanto deciso dalla Corte di giustizia Ue nella causa C-563/12 del 19 dicembre 2013, in cui è stato ritenuto non sussistente tale termine nelle regole unionali. Secondo la Corte il regime di non imponibilità si conserva se i beni, comunque escono dal territorio Ue, anche dopo il termine imposto, a mero titolo cautelativo, da taluni Stati.

Al riguardo, l’Agenzia nel conformarsi al dettato della Corte, con la risoluzione 98/E/2014, ha affermato che, decorso il termine dei 90 giorni dalla cessione dei beni senza la materiale loro esportazione, è necessario procedere alla regolarizzazione dell’Iva nei successivi 30 giorni, a meno che in questo ulteriore lasso di tempo non si perfezioni l’esportazione. Se poi si riuscisse ad esportare comunque i beni dopo questo termine, potrà essere emessa una ulteriore nota di variazione, per rendere nuovamente non imponibile l’operazione.

Il Fisco con la risoluzione 370367/1981 aveva chiarito il tema del non corretto impiego del plafond da parte degli esportatori abituali. Nonostante tale istituto abbia subito negli anni importanti modifiche, si ritengono comunque attuali le conclusioni in cui l’allora ministero delle Finanze sosteneva che eventi come lo stato di guerra e/o le rivoluzioni civili rappresentano, per le mancate esportazioni, cause di forza maggiore. Perciò è possibile effettuare le rettifiche per rendere le operazioni imponibili a Iva, senza il versamento delle sanzioni e degli interessi. Queste affermazioni mantengono inalterata la loro attualità, soprattutto se si considera che tali principi sono stati trasfusi nel comma 5, dell’articolo 6, Dlgs 472/97.

Pertanto, se le operazioni in corso dovessero trasformarsi da non imponibili a imponibili sarà possibile versare solo l’imposta, senza sanzioni né interessi, quando “l’errata” applicazione del regime della non imponibilità è conseguenza della guerra.

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