Finanza

Piani alternativi investimento, prestiti e crediti per le Pmi

La circolare 19/E e le novità della legge di Bilancio danno una spinta ulteriore ai piani individuali di risparmio

di Alessandro Germani

Le novità della legge di Bilancio 2022 e i chiarimenti della circolare 19/E del 29 dicembre 2021 gettano le basi per uno sviluppo ulteriore dei piani individuali di risparmio. Partiamo dalle modifiche normative. Il comma 26 innalza i limiti dei Pir tradizionali (Pir 3.0), ponendo quello annuo a 40mila euro (rispetto a 30mila euro) e quello complessivo a 200mila euro (rispetto a 150mila euro). Il successivo comma 27, per i soli Pir alternativi, supera il vincolo finora esistente per cui ciascuna persona fisica può detenere un solo piano di questo genere e il Pir alternativo non può avere più di un titolare. Sempre in relazione ai Pir alternativi, il comma 912 stabilisce che le speciali disposizioni relative al credito di imposta da minusvalenze introdotto con la legge di bilancio 2021 si applicano anche in relazione agli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2022; in sostanza la misura viene prorogata. Per gli investimenti effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2022, tuttavia, il credito d’imposta non può eccedere il 10% (in precedenza era il 20%) delle somme investite negli strumenti finanziari qualificati e può essere utilizzato in quindici quote annuali (in precedenza erano dieci) di pari importo.

Veniamo ora alla circolare, utile soprattutto per delineare un quadro chiaro per ciò che concerne i Pir alternativi. La principale differenza con i Pir tradizionali consiste nel fatto che questi ultimi sono indirizzati al pubblico dei risparmiatori e sono oggetto di investimento da parte dei fondi aperti, come dimostrato dai limiti di investimento più contenuti. Il Pir alternativo, invece, è indirizzato ad una clientela più sofisticata ed è tipico dell’investimento da parte di fondi chiusi (fondi di private equity, di private debt, di credito), come testimoniato dai limiti di investimento (300mila euro annui e 1,5 milioni complessivi) molto più elevati. Corollario di ciò è il fatto che i Pir tradizionali hanno investito molto in società quotate, mentre gli alternativi sono pensati per portare la finanza alle Pmi, con un connotato di maggiore illiquidità che è più congruo alle caratteristiche di capitale paziente di un fondo chiuso.

Sia per i Pir 3.0 che per gli alternativi gli investimenti qualificati possono essere detenuti direttamente o indirettamente, tramite veicolo, applicando l’effetto demoltiplicativo (paragrafo. 2). Il veicolo deve essere di natura partecipativa, italiano o estero di Stati Ue o See che consentono un adeguato scambio di informazioni, potendosi trattare di una holding pura ex articolo 162-bis comma 1 lettera c) del Tuir o di uno special purpose vehicle. Si guarda agli investimenti a titolo di equity (capitale e riserve sovraprezzo) e non anche ai finanziamenti soci. Per i Pir alternativi nel piano possono figurare anche le Abs di cartolarizzazione di crediti relativi a imprese italiane (o a stabili organizzazioni italiane di imprese estere).

Il caso più diffuso è certamente quello degli Oicr Pir compliant (paragrafo 3). Viene chiarito che trattandosi di soggetti vigilati per i vincoli e divieti di investimento si guarda al regolamento di gestione dell’Oicr italiano o alla documentazione d’offerta dell’Oicr estero. Di particolare importanza appare l’indicazione per cui nel caso di un Oicr già istituito e che rispetti i vincoli di investimento, occorrerà tuttavia modificare tale regolamento al fine di esplicitare il rispetto dei vincoli e dei requisiti previsti dalla normativa Pir; le agevolazioni si applicheranno successivamente a queste modifiche. Ciò vale anche per Oicr che investono esclusivamente in altri fondi. Ma nel caso di fondi esteri il rispetto dei vincoli di investimento posti dalla normativa Pir italiana dovranno essere garantiti (da regolamento) da parte dell’Oicr italiano gestore. I vincoli di investimento per i Pir 3.0 e per quelli alternativi possono essere raggiunti in un momento successivo all’avvio del fondo, ma non oltre la data stabilita nel regolamento. Di contro, tuttavia, per l’investitore l’holding period decorre comunque dalla data di sottoscrizione delle quote o azioni. Ciò vale espressamente anche nel caso dei Fia riservati in cui al closing gli investitori si impegnano a sottoscrivere le quote, anche se poi i relativi versamenti sono richiamati dal fondo successivamente. C’è tuttavia flessibilità nel senso che un versamento iniziale di 1,5 milioni varrà nel computo del limite di investimento complessivo e non comporterà tassazione per via del fatto che superi il limite annuale di 300mila euro.

È previsto anche un meccanismo di equalizzazione per tenere conto di chi versa successivamente e far sì che gli investitori siano trattati come se avessero sottoscritto tutti al closing, decorrendo da quella data l’holding period.

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