Imposte

Nello sconto in fattura il differenziale sul 110% è fuori campo Iva

I trasferimenti di bonus generano una componente finanziaria: cambia la qualificazione ma mancano i presupposti per l’applicazione dell’imposta

di Luca De Stefani e Giorgio Gavelli

Non sono solo le imposte sui redditi a causare perplessità in caso di circolazione dei bonus edilizi (si veda Il Sole 24 Ore del 30 maggio), ma anche l’Iva, almeno dopo la (per certi versi sorprendente) risposta ad interpello dell’agenzia delle Entrate n. 243/2022 (si veda Il Sole 24 Ore del 4 maggio).

Per effetto dello sconto in fattura, la detrazione del contribuente (committente dei lavori agevolati) viene veicolata – in tutto o in parte - all’impresa esecutrice, che assoggetta ad imposta l’intero corrispettivo (sconto compreso).

Tuttavia, nel superbonus la detrazione (110%) è maggiore dello sconto concesso (al massimo il 100%), per cui c’è un differenziale che ha chiaramente natura finanziaria (documento Oic agosto 2021), ma che riteniamo possa considerarsi fuori campo Iva per mancanza dei presupposti. Infatti, tale differenziale sorge direttamente in capo al fornitore per volontà del legislatore, a differenza del caso trattato dalla risposta n. 243/2022, in cui si parla invece di «riaddebito di oneri al cliente» derivanti dalla successiva cessione del credito e di «corrispettivo pattuito con il cliente per l’attualizzazione del credito ricevuto».

Nel classico sconto in fattura, invece, è assente qualunque rapporto sinallagmatico sottostante (tanto è vero che di questo 10% aggiuntivo in fattura non vi è alcuna traccia). Problema che, ovviamente, non si pone nei bonus minori, dove sconto e credito compensabile coincidono.

Diverso è il caso della componente finanziaria che sorge in caso di cessione del credito, essenzialmente perché si tratta di un credito esigibile (per quote annuali) solo alle scadenze previste dal legislatore. Anche in questo caso (e diversamente da quanto in passato sostenuto dalle Entrate con risposta ad interpello 105/2020) il differenziale, secondo l’Oic, ha natura finanziaria e non di “sopravvenienza attiva”.

Del resto, la stessa Agenzia ha riconosciuto (risposta ad interpello n. 369/2021) come, ordinariamente, la cessione dei bonus fiscali effettuata dietro corrispettivo «abbia finalità e natura finanziaria, rientrando, agli effetti dell’Iva, tra le operazioni esenti, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1) del Dpr n. 633/1972». Peraltro:

1 l’emissione della fattura (se acquirente soggetto Iva) non è obbligatoria se non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (articolo 22, comma 1, n. 6, Dpr n. 633/72);

2 non vi è alcun obbligo di certificazione dei corrispettivi, né di memorizzazione elettronica o trasmissione telematica, per l’articolo 2, comma 1, lettera n), Dpr n. 696/1996 e articolo 1, comma 1, lettera a), Dm 10 maggio 2019;

3 in caso di fatturazione volontaria da parte del cessionario, «per corrispettivo deve intendersi l’ammontare della commissione pattuita tra le parti per la cessione del credito (intesa come compenso per l’anticipo dell’importo del credito)» (risposta n. 369/2021);

4 ad ogni modo, queste operazioni esenti non vanno considerate nel calcolo del pro rata di detraibilità «quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo» (articolo 19-bis, comma 2, Dpr 633/1972);

5 la cessione di un credito d’imposta non è soggetta a registrazione (articolo 5 Tabella allegata al Dpr n. 131/1986) se non in caso d’uso (risoluzione n. 84/E/2018) o qualora l’accordo sia redatto tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata (ipotesi in cui si applica l’imposta di registro fissa).

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