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Imprese energivore: l’esenzione (automatica) d’accisa non viola il diritto unionale

La Corte di giustizia europea promuove il meccanismo della Polonia relativo a imprese energivore inserite nel sistema di scambio quote di emissioni

di Giorgio Emanuele Degani

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza resa nella Causa C-139/2020 del 31 marzo 2022), ha respinto il ricorso della Commissione europea contro la Repubblica di Polonia, con cui veniva chiesto di dichiarare che lo Stato membro fosse venuto meno agli obblighi ad essa incombenti ex articolo 17, par. 1, lett. b), e par. 4, della direttiva n. 2003/96/Ce avendo previsto l’esenzione (automatica) dall’accisa dei prodotti energetici utilizzati da imprese ad alto consumo di energia rientranti nel sistema di scambio di quote di emissioni dell’Unione europea.

Il caso

Il 3 febbraio 2016 la Commissione ha sottoposto all’attenzione della Repubblica di Polonia la eventuale non conformità della legge nazionale sulle accise con l’articolo 17, par. 1, lett. b), e par. 4, Direttiva n. 2003/96/Ce, nella parte in cui tale normativa nazionale esenta dalle accise i prodotti energetici (prodotti del carbone e del gas) utilizzati dalle imprese a forte consumo di energia, allorché queste ultime rientrano nel sistema per lo scambio di quote di emissioni dell’Unione previsto dalla Direttiva n. 2003/87/Ce. La Commissione considerava infatti che tali imprese non potevano beneficiare in modo automatico, per il semplice fatto che rientravano in tale sistema, di un’esenzione fiscale ai sensi dell’articolo 17, direttiva n. 2003/96/Ce, ma che esse dovevano a tal fine attuare sistemi che portassero al conseguimento di obiettivi di protezione ambientale o ad una maggiore efficienza energetica che andassero al di là di quanto poteva essere raggiunto mediante detto sistema.

La normativa

L’articolo 4, direttiva n. 2003/96/Ce prevede che gli Stati membri devono tassare i prodotti energetici secondo dei livelli di tassazione che non possono essere inferiori ai minimi indicati esplicitamente. Tuttavia, l’articolo 17, par. 1 della direttiva citata consente agli Stati membri di applicare sgravi fiscali sul consumo di prodotti energetici utilizzati segnatamente per il riscaldamento, a condizione che i livelli minimi di tassazione dell’Unione previsti da detta direttiva siano rispettati in media per ciascuna impresa. La lettera b) della medesima disposizione precisa che tali sgravi potranno essere applicati qualora siano conclusi accordi con imprese o associazioni di imprese, o qualora siano attuati regimi concernenti diritti commercializzabili o misure equivalenti, purché volti a conseguire obiettivi di protezione ambientale o a migliorare l’efficienza energetica.

I giudici del Lussemburgo hanno rilevato che tali disposizioni non possono essere interpretate, come sostiene la Commissione Ue, nel senso che escludono dal loro ambito di applicazione la partecipazione delle imprese a un regime obbligatorio come il sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione. Ed infatti, detto sistema non può essere considerato come un regime concernente diritti commercializzabili, stante l’obbligatorierà dello stesso.

La situazione di crisi attuale

L’urgente necessità di contenere gli incrementi del costo energetico, nonché di intervenire sui cambiamenti climatici, unita al desiderio di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, promuovendo al tempo stesso l’efficienza energetica, sono solo alcuni degli obiettivi che il Governo sta tentando di raggiungere.In particolare, con il decreto Energia (Dl 17/2022), si è cercato di porre un freno all’aumento spropositato del prezzo dell’energia: le misure, volte perlopiù ad incidere sulla leva fiscale (tanto accise, quanto Iva e oneri di sistema), produrranno effetti concreti solo a partire dal prossimo trimestre. Si tratta comunque di misure temporanee che dovranno essere inquadrate in un ampio progetto di riforma che porti a valorizzare l’efficientamento e la transizione energetica: l’occasione del Pnrr, del resto, è da non perdere in quanto è necessario intraprendere un percorso comune verso una decarbonizzazione completa.