Controlli e liti

Stima «esorbitante» sull’area edificabile: l’Imu va rideterminata

Per la Cgt Taranto il valore è eccessivo: imposta da rettificare oltre agli a interessi. Sanzioni escluse

di Francesco Giuseppe Carucci e Giorgio Gavelli

Se il valore venale attribuito dalla delibera di giunta alle aree edificabili è troppo elevato rispetto al minore e più verosimile valore statuito dal giudice tributario, il Comune deve rideterminare l’Imu dovuta «oltre interessi come per legge ed esclusa ogni sanzione». Ciò, «stante il più che legittimo contenzioso provocato dall’iniziale accertamento per un valore ben superiore a quello qui determinato». È quanto emerge dalla sentenza 1500/1/2022 della Cgt Taranto depositata lo scorso 6 dicembre (presidente Occhinegro, relatore Genoviva).

Per il corretto assoggettamento a Imu delle aree fabbricabili i Comuni si basano su valori di riferimento deliberati dai medesimi enti impositori nell’ambito della potestà regolamentare. Tali valori, da richiamare anche per relationem nell’avviso di accertamento, devono essere sorretti da diversi elementi: zona territoriale di ubicazione, indice di edificabilità, destinazione d’uso consentita, oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche. I valori di riferimento assurgono a presunzioni semplici per cui il contribuente che intende disattenderli deve portare all’attenzione del giudice tributario idonei elementi per confutarli.

Il problema si pone poiché l’articolo 36, comma 2, del Dl 223/2006 definisce edificabile l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi. Non di rado accade, pertanto, che un’area fiscalmente edificabile non lo sia di fatto e che il valore venale in commercio al 1° gennaio dell’anno d’imposizione preteso dal Comune non sia ritenuto congruo dal contribuente.

A questa fattispecie è riconducibile la vicenda vagliata dai giudici tarantini. Il valore dell’area, fiscalmente edificabile, ma soggetta a inedificabilità di fatto, a parere dell’ente civico sarebbe ammontato a oltre 320mila euro. La contribuente, con una stima di parte, invocava il valore di appena 23mila euro. La Corte, per dirimere la questione, vista l’eccessiva differenza tra i due importi, nominava un consulente tecnico d’ufficio che stimava il valore in circa 76mila euro.

In relazione a tale quantificazione non pervenivano osservazioni tecniche dalle parti per cui il collegio riteneva equo e corretto prendere a riferimento quel valore «pur nella consapevolezza dell’obiettiva opinabilità di ogni stima immobiliare, specie se riguardante le aree fabbricabili».

«Stante l’esorbitante stima» della giunta municipale che ha dato luogo al contenzioso, la Corte poneva a intero carico dell’ente le spese della perizia di stima del Ctu. Una sentenza, dunque, che sembra attribuire una certa responsabilità all’erario comunale per l’eccessivo valore preteso.

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