Imposte

Ricerca e sviluppo, certificazione anche sui vecchi crediti

Gli investimenti possono riguardare sia i crediti del periodo 2015-2019, sia quelli maturati dal 2020 in poi. Non devono esserci state verifiche. Riversamento entro il 30 novembre

di Emanuele Reich e Franco Vernassa

Slitta dal 31 ottobre 2023 al 30 novembre 2023 il termine per presentare la richiesta di riversamento del credito d'imposta ricerca e sviluppo maturato per gli esercizi 2015-2019, e si amplia la possibilità di chiedere la certificazione degli investimenti, effettuati in base alle due differenti discipline vigenti dal 2015 al 2019, e dal 2020 in poi, fino alla notifica del processo verbale di constatazione: un emendamento al disegno di legge di Bilancio 2023 introduce due modifiche alla disciplina dei crediti per ricerca e sviluppo, da accogliere favorevolmente.

Si stabilisce che il termine di invio della richiesta di accesso alla procedura di riversamento del credito, già prorogato al 31 ottobre 2023 dal Dl 144/2022, slitta di un altro mese. Restano invariati i termini di riversamento del credito, come da ultimo stabiliti dall'articolo 38 del Dl 144/2022, modificato dalla legge 175/2022 di conversione: 16 dicembre 2023 o, in caso di rateizzazione, 16 dicembre 2023, 2024 e 2025 (con aggiunta degli interessi legali su seconda e terza rata, decorrenti dal 17 dicembre 2023).

L'altra modifica tocca la certificazione degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design, prevista dall'articolo 23, comma 2, del Dl 73/2022, che a seguito delle modifiche introdotte anche qui dall'articolo 38 del Dl 144/2022 può riguardare sia i crediti maturati nel periodo 2015-2019 sia quelli maturati dal 2020 in poi.

Sulla base della disciplina ante modifiche della legge di Bilancio 2023, la certificazione può essere richiesta a condizione che le violazioni relative all'utilizzo dei crediti d'imposta non siano state già constatate e comunque, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza contestazioni. L'emendamento stabilisce che la certificazione potrà essere richiesta a condizione che le violazioni sull’utilizzo dei crediti non siano state già constatate col processo verbale di constatazione; si ritiene che la norma si riferisca alla notifica del pvc finale, che cristallizza la pretesa erariale nella sua interezza. Tale intervento è positivo, sia in termini di chiarezza sia in termini di allungamento temporale di ottenimento della certificazione.

La certificazione sarà affidata a soggetti pubblici e privati (inclusi in un apposito albo, che dovranno garantire professionalità, onorabilità e imparzialità) e riguarda la qualificazione degli investimenti, effettuati o da effettuare, ai fini della loro classificazione tra le attività ammissibili al beneficio ai sensi dell'articolo 3, Dl 145/2013 e dell'articolo 1, commi 200, 201 e 202, legge 160/2019.

Ad oggi mancano ancora le disposizioni attuative, pur essendo già stata rilasciata una bozza di Dpcm, tuttora in attesa di firma e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che per la certificazione introdotta dall'articolo 23, comma 2 del Dl 73/2022 individua:
O requisiti per l'iscrizione all'albo dei certificatori (articolo 2);
O procedura e contenuto della certificazione (articolo 3);
O modalità di vigilanza sulle attività esercitate dai certificatori (articolo 4).

Ferme restando le attività di controllo previste dall'articolo 1, comma 207 della legge 160/2019, la certificazione ha effetti vincolanti verso l'amministrazione finanziaria, tranne nel caso in cui, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, essa sia rilasciata per una attività diversa da quella concretamente realizzata. Fatto salvo quanto appena detto, gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni sono nulli.

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