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Cessioni intra Ue, il passepartout dell’Intrastat per le agevolazioni Iva

L’inserimento nel Vies è ritenuto essenziale per informare lo Stato membro di arrivo della presenza dei beni

di Francesco D'Alfonso

A seguito della direttiva 2018/1910/Ue, il cui decreto legislativo di recepimento è stato esaminato in prima lettura nel Consiglio dei ministri del 29 luglio, la corretta presentazione degli elenchi riepilogativi (in Italia il termine ben più conosciuto e utilizzato è elenchi Intrastat) nell’ambito degli scambi di beni all’interno della Ue è divenuta un requisito sostanziale per l’applicazione del trattamento fiscale di favore di cui si intende beneficiare.

Gli elenchi riepilogativi sono stati introdotti a seguito della creazione del mercato unico comunitario, quando, in virtù dell’eliminazione dei confini fiscali tra gli Stati membri, è venuto meno l’utilizzo, per gli scambi intracomunitari di beni, della documentazione doganale.

In particolare, attraverso gli elenchi riepilogativi gli operatori economici trasmettono allo Stato membro di fornitura i dati rilevanti relativi alle cessioni di beni e/o le prestazioni di servizi intra-Ue effettuate, i quali, tramite il sistema Vies, vengono poi messi a disposizione delle autorità fiscali dello Stato Ue di destinazione. In tal modo, quest’ultimo Stato membro può effettuare controlli incrociati con i dati forniti dall’acquirente, verificando la corretta applicazione dell’imposta al proprio interno.

Come più volte affermato dalla Corte di giustizia europea (si veda la sentenza 27 settembre 2007, causa C-409/04), la compilazione dell’elenco riepilogativo in relazione ad una fornitura intra-Ue costituiva tuttavia soltanto un requisito formale, e non sostanziale, ai fini dell’esenzione da Iva (non imponibilità in Italia) dell’operazione, dal momento che, oltre ai requisiti individuati dalla direttiva 2006/112/Ce, nessun altro elemento può essere imposto al fine di qualificare un’operazione come cessione o acquisto intracomunitario di beni.Conseguentemente, il mancato adempimento di tale obbligo poteva portare al massimo all’applicazione di sanzioni da parte degli Stati membri, ma non al rifiuto dell’esenzione da imposta.

Tutto cambia tuttavia con la direttiva 2018/1910. A partire dal 1° gennaio 2020, infatti, nel caso in cui il fornitore non rispetti l’obbligo di presentare l’elenco riepilogativo relativo alla cessione intra-Ue di beni effettuata o l’elenco riepilogativo da lui presentato non riporti le informazioni corrette riguardanti l’operazione, quest’ultima non può considerarsi una cessione intracomunitaria, come tale esente da Iva, a meno che il cedente non possa giustificare in maniera adeguata la sua mancanza secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti (si veda l’articolo 138, paragrafo 1-bis, direttiva 2006/112/Ce, aggiunto dalla direttiva 2018/1910).

Ciò in quanto l’inserimento nell’elenco Vies è ora ritenuto «essenziale per informare lo Stato membro di arrivo della presenza dei beni nel suo territorio ed è pertanto un elemento chiave nella lotta contro la frode nell’Unione» (considerando 7, direttiva 2018/1910).

La nuova disposizione, inoltre, è strettamente correlata a quella di cui all’articolo 138, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, anch’essa introdotta dalla direttiva 2018/1910, in virtù della quale l’identificazione ai fini Iva del destinatario dell’operazione in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio e la comunicazione di tale identificazione al cedente costituiscono un requisito sostanziale aggiuntivo al fine di consentire al fornitore di considerare detta operazione una cessione intracomunitaria di beni.

Allo stesso modo, il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della propria impresa in un altro Stato Ue in regime di call-off stock e la eventuale successiva sostituzione dell’acquirente destinatario sono possibili, sussistendo anche le altre condizioni richieste, soltanto se il fornitore indichi nel relativo elenco riepilogativo rispettivamente il numero di identificazione Iva del soggetto passivo cui sono destinati i beni che sono trasportati nell’ambito di tale regime e il numero di identificazione Iva del nuovo acquirente destinatario (si veda l’articolo 17-bis, direttiva 2006/112, aggiunto dalla direttiva 2018/1910).

Tuttavia, se il corretto adempimento dell’obbligo di presentazione degli elenchi riepilogativi nell’ambito degli scambi intracomunitari di beni è divenuto una condizione necessaria per l’applicazione del trattamento fiscale di favore di cui si vuole usufruire, lo stesso non è accaduto per le prestazioni di servizi intra-Ue oggetto di comunicazione attraverso gli elenchi riepilogativi.

Pertanto, in caso di non corretto adempimento degli obblighi relativi agli elenchi riepilogativi relativi ai servizi, gli Stati membri non possono rifiutare l’esenzione da Iva, ma soltanto applicare sanzioni ai soggetti coinvolti.