Imposte

Servizio mensa, il metodo di pagamento condiziona la liquidazione

L’uso del denaro fa sì che l’operazione sia subito effettuata per l’esercente

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Pagare in contanti o con ticket restaurant ha effetto anche sugli adempimenti di chi somministra il pasto. Se l’esercente è pagato dal dipendente con denaro o mezzi simili, l’operazione si considera effettuata ai fini Iva. Ne deriva che è in tale momento che l’operazione va certificata dal bar-ristorante con inclusione del corrispettivo nei dati da memorizzare-trasmettere telematicamente alle Entrate e conseguente rilevanza dell’Iva incorporata (4 per cento) nella relativa liquidazione periodica.

Se invece l’operatore ritira il buono con successivo pagamento da parte della società di ticket restaurant dietro fattura emessa nei confronti di questa, l’operazione va sì certificata come corrispettivo non riscosso, ma l’Iva (al 10 per cento) non entra nella liquidazione periodica (vi entrerà con la successiva fattura).

Le regole sono parzialmente diverse se la prestazione è eseguita in una mensa aziendale. In quest’ipotesi, opera infatti l’esonero dalla certificazione fiscale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera i), Dpr 696/96 e anche quello dalla memorizzazione-trasmissione telematica dei corrispettivi. In tal senso è la risposta delle Entrate n. 231/2022, la quale precisa altresì che, visto che non sussistono obblighi certificativi, ai fini della corretta liquidazione dell’imposta periodica, occorre gestire separatamente nel registro dei corrispettivi gli importi riscossi, per i quali l’Iva è divenuta esigibile con l’incasso del denaro contante (o per i quali il dipendente ha utilizzato mezzi di pagamento elettronici), e quelli che saranno invece pagati successivamente dalla società di ticket restaurant.

Per i corrispettivi delle prestazioni per le quali il gestore della mensa ritira i buoni pasto, il momento impositivo coinciderà infatti, normalmente, con quello di emissione della fattura all’emittente dei ticket, cui farà seguito (altrettanto normalmente) il pagamento dell’importo convenuto.

La diversa aliquota Iva applicabile a seconda del mezzo di pagamento utilizzato (denaro o buoni pasto) non autorizza tuttavia l’operatore a gestire listini-prezzi distinti nei confronti della clientela, posto che tale differenziale emerge soltanto al momento dello scorporo dell’imposta dal corrispettivo addebitato al dipendente-consumatore del pasto (Iva al 4 per cento) o dall’importo diminuito dello sconto sul valore facciale del buono, sconto che è stato convenuto con l’emittente del ticket (Iva al 10 per cento).

Da ultimo, si osserva che, se il pasto è somministrato da un esercizio (bar ristorante) che si è convenzionato direttamente con il datore di lavoro, l’imposta al 4 per cento è applicata nella fattura emessa a quest’ultimo ed entrerà nella relativa liquidazione periodica. L’esercente dovrà comunque emettere il documento commerciale (oltre che memorizzare e trasmettere il dato) indicando la mancata riscossione del corrispettivo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©