Controlli e liti

Condanna alle spese nonostante l’autotutela: stop della Cassazione

La Cassazione con l’ordinanza n. 14569/2022 ha di fatto confermato che l’inutile lite si è dilungata a causa del comportamento omissivo dell’ufficio

di Giuseppe Morina e Tonino Morina

La realtà può essere il contrario di quello che si dice a parole. Si sente parlare spesso di “Fisco amico”, ma in alcuni casi ci si trova di fronte a un “Fisco nemico”. È capitato a un contribuente della provincia di Messina che, dopo avere ottenuto, nel 2014, l’annullamento in autotutela di un accertamento sbagliato, ha subìto, nel 2020, la condanna alle spese di giudizio di 4mila euro per lite temeraria, perché l’ufficio si è dimenticato di segnalare al giudice tributario che il contenzioso non esisteva più. Per evitare di subire una ulteriore beffa, gli eredi del contribuente, deceduto nel corso del giudizio, hanno dovuto presentare il ricorso in Cassazione che è stato accolto con sentenza definitiva, depositata il 9 maggio scorso.
Ecco i fatti. L’agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Messina, emette un accertamento per il 2006, nei confronti di un contribuente, chiedendo somme per complessivi 103.098,00 euro. Contro l’avviso viene presentato ricorso alla Ctp di Messina, che, con la sentenza n. 84/12/13, depositata il 7 febbraio 2013, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Nel frattempo, lo stesso ufficio aveva emesso un altro avviso per il 2007, con richiesta di somme per complessivi 109.103,00 euro. I due accertamenti, a seguito di istanza in autotutela, nel 2014 sono stati annullati dall’ufficio, che ne ha quindi riconosciuto l’illegittimità e infondatezza. Il contenzioso relativo al 2006 era però ancora pendente, essendo stato presentato nel 2013 l’appello contro la sentenza di primo grado, prima cioè che l’accertamento venisse poi annullato nel 2014, con conseguente cessata materia del contendere.
Dopo sette anni, l’appello viene posto in discussione il 21 gennaio 2020, presso la Ctr Sicilia, sezione di Messina, che, con la sentenza n. 701/2020/02, depositata il 4 febbraio 2020, l’ha respinto condannando il contribuente al pagamento di 4mila euro di spese di giudizio per lite temeraria, in quanto l’ufficio non aveva fatto presente ai giudici che il contenzioso non esisteva più. La sentenza n. 701/02/2020, infatti, è viziata da un comportamento omissivo dell’ufficio, che non ha fatto presente ai giudici tributari di avere annullato l’accertamento in autotutela già il 25 marzo 2014, cioè sei anni prima della sentenza di secondo grado e, pertanto, era cessata la materia del contendere. Sarebbe bastato in udienza esibire l’annullamento in autotutela.
Al fine di evitare la prosecuzione di un inutile contenzioso, il 26 febbraio 2020 all’ufficio è stata fatta istanza per chiedere la conferma dell’annullamento in autotutela dell’accertamento per il 2006, con conseguente irrilevanza della sentenza della Ctr Sicilia. L’ufficio, però, è rimasto fermo nella sua posizione, fornendo una risposta per affermare la legittimità della sentenza di secondo grado, facendo sempre riferimento al contenzioso sul diniego dell’autotutela, senza però fare alcun accenno al fatto che l’accertamento era stato già annullato in autotutela da parte dell’ufficio il 25 marzo 2014. Il tutto senza considerare che la condanna alle spese di giudizio a carico del contribuente era una diretta conseguenza del comportamento omissivo dello stesso ufficio.
A questo punto, gli eredi del contribuente, per non subire una ulteriore ingiustizia, hanno presentato il ricorso in Cassazione che, con l’ordinanza n. 14569/2022, depositata il 9 maggio 2022, ha accolto il ricorso presentato dagli eredi, cassando senza rinvio la sentenza 701/2020/02 e mettendo così la parola fine a un lungo inutile contenzioso.

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