Professione

Crisi d’impresa, i requisiti per gli esperti ostacolano i giovani

Turnover a rischio senza correttivi all’obbligo di pregressa esperienza

di Gianandrea Rosati

L’obiettivo del going concern ha condotto di recente il legislatore a scrivere importanti riforme. Una di queste ha riguardato la creazione di una nuova figura professionale, l’esperto negoziatore della crisi d’impresa (Dl 118/2021), chiamata a supportare l’imprenditore nel superamento di una crisi.

La legge istitutiva e la recentissima circolare del ministero della Giustizia hanno definito gli specifici requisiti professionali e formativi cui è condizionata l’iscrizione negli elenchi degli esperti negoziatori, da tenersi presso le Camere di commercio. La scelta nell’affidamento dei singoli incarichi è rimessa ad una commissione, da costituirsi sempre presso le Camere di commercio.

Fin qui, l’impianto normativo è funzionale alla creazione di uno strumento capace di supportare, con competenza e professionalità, l’imprenditore in crisi. Ciò che la legge ha omesso di prevedere sono le modalità ed i criteri che, nell’affidamento dei singoli incarichi agli esperti negoziatori, ne possano garantire un’equa rotazione e ripartizione; la stessa lacuna normativa che si riscontra negli altri similari ambiti professionali (curatori fallimentari, commissari, professionisti delegati alle vendite, consulenti tecnici d’ufficio, amministratori giudiziari), ove l’assenza di trasparenza e rotazione è un fatto notorio e determinato dalla mancanza di normative a garanzia dell’alternanza. La limitazione a due del numero massimo di incarichi, concentrati contemporaneamente nello stesso esperto negoziatore, è un correttivo insufficiente, da solo, a garantire la trasparenza ed il turnover. La previsione, tra i requisiti necessari per poter essere inseriti negli elenchi, della comprovata pregressa esperienza nelle ristrutturazioni aziendali chiude ulteriormente le porte in faccia ai più giovani e contribuisce a creare un circolo chiuso ai “soliti pochi professionisti”, che hanno già ricevuto incarichi nel settore di riferimento.

Senza contare che, a fronte della previsione della necessità di un rilevante numero di negoziatori (stimati in circa 40mila unità), è ragionevole prevedere che siano molti meno quelli che possano vantare un’esperienza nel campo della negoziazione della crisi d’impresa: tra il 2014 ed il 2020 si sono svolte soltanto circa 7mila procedure tra concordati preventivi in continuità, accordi di ristrutturazione e amministrazioni straordinarie o controllate (si veda Il Sole 24 Ore del 19 novembre) e spesso hanno visto succedersi gli stessi professionisti (per cumulo di incarichi). Ragioni di equità ed efficienza avrebbero consigliato non solo di statuire criteri per un equo avvicendamento negli incarichi ma anche di escludere il requisito delle pregresse esperienze, implementando invece le garanzie di competenza e formazione dell’esperto negoziatore, anche tramite l’introduzione di una valutazione conclusiva di merito, sugli esiti e sulla qualità dell’incarico svolto.

È in gioco l’autorevolezza delle professioni, il cui futuro appartiene alle più giovani generazioni, che necessiterebbero di avviarsi sul campo, per potersi formare e invece continuano, nei loro percorsi, ad incontrare muri privi di logica meritoria.

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