Controlli e liti

Partite Iva «apri e chiudi», salvo il professionista

Stop alla responsabilità in solido con il contribuente sulla sanzione da 3mila euro

di Giovanni Parente

I professionisti non saranno responsabili in solido sulla sanzione da 3mila euro inflitta dalle Entrate per le partite Iva «apri e chiudi». Dopo il pressing portato avanti dai commercialisti e dalle altre categorie professionali, arriva lo stop del Parlamento sull’ipotesi contenuta nel testo originario del Ddl di Bilancio di estendere il raggio d’azione facendo pagare la penalità anche agli intermediari che hanno trasmesso la dichiarazione di inizio attività per conto del contribuente, agendo con dolo o colpa grave. Si è trattata di una spinta bipartisan che poi si è materializzata nel voto in commissione Bilancio agli emendamenti di Fratelli d’Italia (primo firmatario de Bertoldi) e del Movimento 5 Stelle (primi firmatari Santillo e Raffa), ma una richiesta di correzione di rotta più ampia rispetto al testo originario era arrivata anche dal Partito democratico (l’emendamento vedeva come prima firmataria Gribaudo).

Dunque stop alla responsabilità solidale che, come era stato fatto notare dai commercialisti, avrebbe rischiato di colpire intermediari che si potrebbero occupare solo dell'invio della comunicazione di inizio attività senza poi essere a conoscenza di come si sviluppa l’attività.

Resta, invece, in piedi tutto l’impianto della norma sulle partite Iva «apri e chiudi», ossia quel fenomeno caratterizzato da aperture di posizioni fiscali, ridotto (o quasi nullo) numero di operazioni (almeno stando a quello dichiarato al Fisco) e repentina chiusura. Naturalmente, questo si traduce in un fattore di pericolosità per l’Erario perché può accadere che dietro questi fenomeni ci siano intenti frodatori finalizzati a non rispettare gli obblighi di versamento fiscale e contributivo e a far “sparire” ogni bene per la successiva riscossione

La strategia d’azione che si punta a mettere in campo avrà come punto di partenza un’analisi di rischio mirata da parte delle Entrate. Qualora fossero rilevate anomalie, il soggetto sarà chiamato in ufficio in un contraddittorio per “portare” i documenti contabili obbligatori e ogni altro documento in grado di attestare l’esercizio di un’attività economica. A questo punto, l’ufficio delle Entrate, che sta procedendo al riscontro, chiuderà la partita Iva in caso di mancata presentazione al confronto o in presenza di giustificazioni ritenute non esaustive. Ad accompagnare il provvedimento di cessazione, ci sarà anche una sanzione da 3mila euro che tra l’altro non è ravvedibile. Proprio su questo punto sono intervenuti gli emendamenti approvati eliminando la responsabilità solidale del professionista.

Ma non è tutto. Se il contribuente colpito dal provvedimento di cessazione (e dalla sanzione) vorrà riaprire la partita Iva, dovrà fornire una garanzia. È prevista, infatti, una polizza fideiussoria o fideiussione da prestare al momento della dichiarazione di apertura della nuova posizione (poi saranno uno più provvedimenti delle Entrate a stabilire l’attuazione anche progressiva delle regole in questione). La garanzia non può essere inferiore a 50mila euro e potrebbe essere anche superiore qualora ci fossero debiti per violazioni fiscali commesse prima della cessazione per importi più elevati.

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