Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: residenza fittizia all’estero, autotutela, contraddittorio preventivo

di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Anche l’iscrizione all’albo nella sezione ordinaria può contribuire a dimostrare la falsa residenza all’estero. Impugnabile il diniego di autotutela confermativo dell’avviso bonario che recupera le agevolazioni. Contraddittorio preventivo obbligatorio prima della notifica dell’atto impositivo. Niente tassa di possesso per la moto di rilevante interesse storico non utilizzata per fini professionali. No all’esenzione Iva per il bed and breakfast che non rispetta le prescrizione tipiche dell’attività. Sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.

Anche l’iscrizione all’albo nella sezione ordinaria può contribuire a dimostrare la falsa residenza all’estero
Il professionista che dichiara di essersi trasferito in un Paese a fiscalità privilegiata (nel caso di specie, la Svizzera) deve dimostrare di aver reciso ogni rapporto con lo Stato italiano. In primo luogo, dal punto della norma, per l’articolo 2, comma 2-bis del Tuir, vi è una presunzione relativa a favore dell’Amministrazione sulla residenza effettiva in Italia per i cittadini che trasferiscono la residenza in un Paese a fiscalità privilegiata. In secondo luogo, dal punto del merito, l’Amministrazione è legittimata a ritenere il contribuente sia ancora residente in Italia per molteplici circostanze, laddove il contribuente non riesce a replicare adeguatamente. A livello esemplificativo, tali elementi fattuali, sono:
a) l’iscrizione all’Albo professionale dei dottori commercialisti nella sezione ordinaria anziché nella sezione speciale, riservata ai soggetti che esercitano attività in Italia in modo occasionale;
b) la disponibilità di un immobile in Italia, dove risultano utenze pagate per l’intero periodo solare;
c) Le numerose operazioni effettuate sul conto corrente bancario (nel caso di specie, 217 operazioni) presso istituti di credito italiani, secondo il ricorrente effettuate on line anche se poi risultano numerosi prelievi allo sportello;
d) I continui passaggi autostradali (nel caso di specie, 249 passaggi) dalla Svizzera all’Italia e viceversa, che il ricorrente afferma essere stati rimborsati dal proprio datore di lavoro svizzero, senza però dimostrazione che ciò sia realmente accaduto.
È pertanto legittimo l’accertamento per omessa presentazione dell’Unico scaturente dalle indagini finanziarie in capo al contribuente se risulta che lo stesso è solo formalmente residente in Svizzera. Nel caso di specie, a seguito di verifica della GdF sui conti correnti intestati al contribuente professionista residente in Svizzera e tenuti presso istituti di credito italiani, l’Amministrazione recupera oltre 441mila euro per omessa dichiarazione relativa al periodo 2010 scaturenti da compensi non dichiarati di oltre 390mila euro e quindi maggiore Irpef accertata per oltre 164mila euro, addizionali regionali e comunali per oltre 6mila euro, Iva oltre 88mila euro.
Ctp Como, sentenza 210/2/2017

Impugnabile il diniego di autotutela confermativo dell’avviso bonario che recupera le agevolazioni
Il contribuente può impugnare il diniego di autotutela tramite il quale l’amministrazione “implicitamente” afferma l’avviso bonario inviato precedentemente (nel caso di specie, una Srl realizza un impianto fotovoltaico nel 2010 e usufruisce della tariffa incentivante ma non della detassazione Tremonti Ambiente, agevolazione poi richiesta tramite riliquidazione del modello Unico 2011, non più emendabile, e ricalcola i tributi sino al 2013. L’Amministrazione ricupera la maggiore Ires per il periodo d’imposta 2013, oggetto di Unico 2014, tramite l’avviso bonario ritenendo non più spettante tale agevolazione per non aver la contribuente presentato una dichiarazione integrativa dell’Unico 2011, ormai preclusa a causa dell’invio dell’avviso bonario. Segue la richiesta del contribuente di annullamento in autotutela, rigettata dall’Amministrazione ed impugnata poi in Commissione tributaria). Ecco le ragioni. In primo luogo, l’elencazione degli atti impugnabili, statuita dal Codice del processo tributario, non è “tassativa” bensì “esemplificativa”, poiché l’interesse del contribuente alla rimozione dell’atto rende proponibile l’impugnazione di qualsiasi atto, anche non rientrante nell’elenco tassativo. In secondo luogo, non rileva la circostanza che il contribuente non abbia impugnato l’avviso bonario, perché l’assenza di tale atto nell’elenco “tassativo” non determina la cristallizzazione della pretesa avanzata dall’Amministrazione, che il contribuente può sempre contestare poi ricorrendo contro un atto “tipico” (nel caso di specie, tramite impugnazione della successiva iscrizione a ruolo). In terzo luogo, l’Amministrazione deve consentire al contribuente di correggere gli errori commessi tramite dichiarazione integrativa, come risulta dalla circolare 31/E del 2013, per recuperare componenti negative non dedotte.
Ctp Sondrio, sentenza 92/1/2017

Contraddittorio preventivo obbligatorio prima della notifica dell’atto impositivo
L’Amministrazione deve sempre assicurare la corretta instaurazione del contraddittorio col contribuente prima di emettere l’atto impositivo anche se si tratta dell’invio del questionario, tramite il quale la stessa richiede sia le delucidazioni sui rapporti commerciali con un fornitore sia l’esibizione della relativa documentazione contabile, formando il relativo processo verbale di costatazione atto tipo del contraddittorio endoprocedimentale.
Vediamo il perché. In primo luogo, il diritto al contraddittorio è sancito a livello europeo dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’uomo, ove viene stabilito che ogni individuo debba essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento a lui pregiudizievole. In secondo luogo, il settimo comma dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente richiama il principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, così che, dopo il rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste, che vanno valutate dall’Amministrazione. In terzo luogo, è la circolare 25/E/2014 a precisare come, nell’ambito dell’attività di controllo, occorre la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio sia nella preliminare frase istruttoria sia nella successiva fase degli istituti definitori della pretesa tributaria. Nel caso specifico, l’Amministrazione aveva chiesto a una ditta individuale, esercente l’attività di posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti e pareti mobili, di fornire una dettagliata descrizione dei rapporti commerciali trattenuti, in qualità di cliente, con una sua ditta fornitrice, con a corredo tutta la documentazione contabile, quali fatture, mastrini contabili riguardanti le loro registrazioni e pagamenti, estratti conto bancari, eccetera. Il contribuente non fornisce tutta la documentazione richiesta, in particolare i mezzi di pagamento delle fatture, così che l’Amministrazione il 14 dicembre 2016 notifica direttamente l’accertamento.
Ctp Treviso, sentenza 369/1/2017

Niente tassa di possesso per la moto di rilevante interesse storico non utilizzata per fini professionali
Non è dovuta la tassa di possesso per quel motoveicolo di rilevante interesse storico di proprietà di un’associazione, purché non sia utilizzata a scopi “professionali” (nel caso di specie, la Regione Lombardia pretende pagamento delle tasse di possesso per la moto di proprietà di associazione per l’anno 2010, veicolo di cui però è dimostrato il “particolare interesse storico”).
Ecco perché. In primo luogo, l’esenzione spetta poiché il motoveicolo (nel caso di specie, motoveicolo con immatricolazione ventennale) rientra tra quelli di categoria di particolare “interesse storico” all’articolo 63 della legge 4342/2000, e non è necessario che lo stesso sia iscritto ad una delle associazioni (nel caso di specie, Automobilclub storico italiano e Federazione motociclistica italiana) “identificatrice” di tali requisiti. In secondo luogo, non rileva ai fini dell’esenzione la circostanza che il motoveicolo sia di proprietà dell’Associazione anziché di una persona fisica, perché l’esenzione non spetta solo se il motoveicolo è adibito ad uso professionale, circostanza questa non dimostrata dall’ente impositore.
Ctr Lombardia, sentenza 3376/1/2017

Non all’esenzione Iva per il bed and breakfast che non rispetta le prescrizione tipiche dell’attività
L’attività di bed and breakfast non può fruire dell’esenzione Iva se viene organizzata in modo sistematico sulla falsariga all’organizzazione di una struttura alberghiera, perché l’esenzione spetta solamente se è rispettato il requisito dell’occasionalità. Inoltre c’è l’obbligo di residenza del titolare presso l’immobile di sua proprietà. Infine viene pure richiesta la conduzione prevalentemente familiare dell’immobile. Nel caso esaminato, l’Amministrazione sulla scorta dell’attività ispettiva della Guardia di Finanza, riqualifica come reddito d’impresa, e quindi con assoggettamento a fini Iva, l’attività di un bed and breakfast, perché: a) tale attività viene svolta in maniera sistematica anziché occasionale, e ciò a prescindere dal carattere di stagionalità dell’attività stessa; b) il titolare dell’immobile non risiede nell’immobile destinato a tale tipo di attività. Così che per gli anni dal 2005 al 2007 essa contesta l’omessa tenuta delle scritture contabili e ricupera Iva e Irpef per oltre 3mila euro.
Ctr Sicilia, sezione staccata Siracusa, sentenza 3080/4/2017

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