Imposte

Rivalutazione, si paga di più per la deduzione in 18 anni

Beffa su avviamenti e marchi: sostitutiva integrativa per evitare il piano a 50 anni

di Luca Gaiani

Deduzione in cinquant’anni per gli ammortamenti di marchi e avviamenti rivalutati o riallineati ai sensi del decreto agosto. La doccia fredda, in contrasto con i principi di affidamento, viene dall’articolo 160 del Ddl di Bilancio 2022. Chi ha rivalutato i marchi o affrancato gli avviamenti con la sostitutiva del 3% per ottenere una deduzione su 18 anni, si vede ora portare l’arco temporale di deduzione fino all’anno 2070, salvo pagare una maggiore imposta fino al 13 per cento. Si prevede la facoltà di revocare la scelta per l’affrancamento con rimborso della sostitutiva già versata, ma la disposizione andrebbe integrata consentendo la correzione civilistica dei bilanci anche in deroga ai principi contabili.

L’allungamento

Il Governo fa marcia indietro, con un anno di ritardo, sulla norma (articolo 110 del Dl 104/2020 come modificata dalla legge 178/2020) che ha consentito, nei bilanci dello scorso esercizio, di rivalutare fiscalmente marchi e avviamenti pagando il 3% e ottenendo in cambio un risparmio del 27,9% ripartito su 18 anni. Per far fronte ad un impatto sul gettito originariamente sottostimato per decine di miliardi, l’articolo 160 del Ddl di Bilancio 2022 approvato da Consiglio dei ministri il 28 ottobre stabilisce che la deduzione dei valori rivalutati per asset che fiscalmente si ammortizzano in 18 anni a norma dell’articolo 103 del Tuir, potrà avvenire, partendo dal 2021, in 50 anni (2% annuo), terminando dunque nell’anno 2070. Per evitare che le imprese aggirino la disposizione cedendo o dismettendo i marchi o le aziende, si stabilisce un analogo frazionamento temporale per la deduzione delle minusvalenze.

La norma, con buona pace dei principi di irretroattività delle leggi tributarie, decorre, con una deroga espressa allo Statuto del contribuente, già dall’esercizio 2021. Essa si pone anche in totale contrasto con i principi cardine della riforma fiscale secondo cui dovranno essere allineati i criteri fiscali di imputazione temporale con quelli contabili, con particolare riguardo agli ammortamenti.

Richiesto un nuovo pagamento

Chi intende confermare la deduzione a 18 anni, dovrà mettere nuovamente mano al portafoglio versando l’imposta sugli affrancamenti delle operazioni straordinarie, al netto del 3% già assolto. In pratica per valori fino a 5 milioni si dovrà pagare un ulteriore 9%, tra 5 e 10 milioni l’11% e oltre i 10 milioni il 13 per cento.

Il comma 3 dell’articolo 160 prevede una sorta di via di uscita dalla rivalutazione o dal riallineamento fiscale dello scorso anno, che però si presenta del tutto parziale, non tenendo conto delle ripercussioni che essa avrebbe sui bilanci delle imprese. I contribuenti potranno revocare, anche parzialmente, l’applicazione della disciplina fiscale adottata in base al decreto agosto e, in tal caso, con modalità che saranno individuate da un futuro provvedimento delle Entrate, si potrà ottenere la restituzione o il diritto alla compensazione dell’imposta sostitutiva già versata.

Bilanci da riscrivere

L’eventuale abbandono postumo della rivalutazione o del riallineamento fiscale comporta però conseguenze – del tutto trascurate dal disegno di legge – sui bilanci d’esercizio (sia Oic che Ifrs questi ultimi interessati solo dal riallineamento) il che evidentemente rende questa scelta inattuabile senza un intervento sui rendiconti stessi.

La possibilità di uscita dalla rivalutazione fiscale, laddove la norma venisse confermata, dovrebbe dunque consentire anche la riscrittura dei bilanci 2020 (storno della rivalutazione o degli effetti del riallineamento), in deroga espressa a codice civile e principi contabili, onde riportare la situazione a quella che si sarebbe generata se, fin dall’inizio, si fosse conosciuta la disposizione attuale.

Anche in questo caso, peraltro, gli effetti sul mercato dei capitali e nei confronti degli investitori sarebbero assai negativi per non dire dirompenti. Nei bilanci Ifrs, spesso di società quotate di grandissime dimensioni, il riallineamento fiscale degli avviamenti ha comportato l’iscrizione nel bilancio 2020 di proventi per imposte differite attive che ora dovrebbero, con un colpo di spugna, essere cancellati.

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