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Conservazione digitale anche per le fatture elettroniche emesse dai forfettari

I software disponibile tendono ad applicare il termine minimo di 10 anni, per allinearsi a quello civilistico, in grado di ricomprendere sempre anche quello fiscale, sebbene maggiorato

di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware

Un utile “ripasso” (anche in assenza di sostanziali novità) di obblighi e regole già conosciute in termine di conservazione digitale dei documenti fiscali. È quanto emerge dalla risposta a interpello 217/2022 delle Entrate (si veda il precedente articolo «Dichiarazione Iva, sottoscrizione non necessaria con Entratel»).

La risposta a interpello ha ricordato che già in passato aveva sintetizzato, in molteplici documenti di prassi (ad esempio, le risposte 518 del 19 dicembre 2019 e n. 619 del 23 dicembre 2020), quali siano i principi da applicare in materia di presentazione e di conservazione delle dichiarazioni fiscali, ai quali è possibile riferirsi per ulteriori approfondimenti.

Le modalità di conservazione

Il primo chiarimento fornito è che sono valide, ai fini della conservazione, sia le modalità analogiche sia quelle elettroniche, fermo restando che, trattandosi di documenti fiscalmente rilevanti, la conservazione solo digitale implica il rispetto delle indicazioni fornite dal Dm 17 giugno 2014 e dalle disposizioni del Dlgs 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale: Cad). Quindi:

• è sufficiente che la dichiarazione inviata venga sottoscritta dal solo contribuente (o sostituto) e non anche dall’intermediario;

• gli obblighi di conservazione sono differenziati in ragione dei soggetti coinvolti, dovendo i contribuenti (o sostituti) conservare il modello “originale” sottoscritto, unitamente ai documenti rilasciati dall’incaricato di predisporre/trasmettere la dichiarazione (l’«impegno alla presentazione telematica») e gli intermediari conservare invece la “copia” della dichiarazione trasmessa, non necessariamente sottoscritta.

Non solo le dichiarazioni

Le Entrate nell’occasione hanno evidenziato che il rispetto delle disposizioni del Dm 17 giugno 2014 non riguarda solo le dichiarazioni dei redditi, ma anche tutti gli altri documenti rilevanti ai fini tributari che gli intermediari trasmettono all’Agenzia e/o gestiscono in adempimento degli obblighi assunti nei confronti dei contribuenti, curandone per qualsiasi ragione la conservazione.

Tra questi le Entrate hanno indicato, a titolo esemplificativo (e quindi non esaustivo):

• l’esterometro;

• le dichiarazioni d’intento;

• i modelli di liquidazione periodica (Lipe);

• i modelli di pagamento unificato F24;

• i modelli di variazione dei dati Iva;

• tutti gli altri modelli e documenti che possono parimenti rientrare nella normale attività degli intermediari.

La tempistica

Un altro importante chiarimento riguarda il numero di anni per i quali occorre effettuare la conservazione digitale. Il termine “ordinario” di cinque anni non deve infatti essere inteso in maniera statica, ossia «il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione», ma come «termine per l’accertamento» del periodo d’imposta di riferimento.

Il termine per l’accertamento reale, infatti, quasi sempre differisce da quello ordinario, in quanto diminuito ovvero maggiorato in ragione di peculiari previsioni normative. Tra queste, quasi tutte le sanatorie fiscali, i benefici premiali Isa, la garanzia di tracciabilità di tutti i pagamenti ricevuti o effettuati di ammontare superiore a 500 euro, talune legislazioni di emergenza a far fronte a eventi imprevedibili come sismi, alluvioni o altri eventi eccezionali, eccetera .

Ne consegue che, dal punto di vista pratico, quasi tutti i sistemi di conservazione digitale commercializzati dalle aziende di software associate ad AssoSoftware tendono in ogni caso ad applicare il termine minimo di 10 anni, per allinearsi a quello civilistico, in grado di ricomprendere sempre anche quello fiscale, ancorché maggiorato.

L’obbligo di e-fattura per i forfettari da luglio

Ricordiamo, infine, che l’obbligo di conservazione digitale riguarda anche i soggetti forfettari che già emettono le fatture elettroniche facoltativamente, nonché quelli che saranno tenuti a farlo obbligatoriamente a partire dal 1° luglio 2022, avendo conseguito nell’anno precedente ricavi o compensi superiori a 25mila euro (si veda lo Speciale «Forfettari: come si accede e cosa cambia con l'obbligo di fattura elettronica»).