Imposte

Auto elettriche e imposte: partite Iva in cerca di una fiscalità adeguata

L’attuale impianto non appare sempre idoneo a supportare il passaggio all’elettrico da parte delle partite Iva

di Stefano Vignoli

Tra i sempre più numerosi possessori di auto elettriche ci sono ormai molte imprese e lavoratori autonomi che se ne servono per la propria attività. In questi casi, l’acquisto e utilizzo di questi veicoli pone diverse criticità fiscali, perché occorre confrontarsi con un impianto normativo non tarato sulle specificità dell’elettrico.

L’unica misura fiscale rivolta alle attività economiche – seppur indirettamente – è la nuova tassazione dell’auto a uso promiscuo, introdotta con la legge di Bilancio 2020, che gradua il trattamento fiscale del fringe benefit in capo al dipendente: da un minimo del 25% (per le auto elettriche o con basse emissioni) fino a un massimo del 60% (per i modelli più inquinanti) della percorrenza convenzionale di 15.000 Km calcolata sulla base delle tabelle Aci per le auto immatricolate dal 1° luglio 2020. Per il resto occorre fare riferimento alle regole generali previste per i veicoli: sia ai fini Iva, che delle imposte sui redditi e Irap.

Iva, Irpef e Ires

Come per i mezzi a benzina o gasolio, l’auto elettrica acquistata dall’agente di commercio e il veicolo commerciale elettrico possono beneficiare della piena detraibilità Iva, mentre l’elettrica acquistata dalle altre imprese e dai professionisti vede una detraibilità limitata al 40% (articolo 19-bis.1, lettera c, Dpr 633/72).

La detraibilità Iva non varia se, in luogo dell’acquisto, vengono sostenuti canoni di leasing o noleggio; ed è limitata al 40% anche per le altre spese inerenti al veicolo. Resta ferma al 40% anche la detraibilità Iva dell’auto elettrica data in uso promiscuo al dipendente, salvo l’ipotesi di fatturazione dell’intero fringe benefit (soggetto a Iva) che ne permette la piena detraibilità.

Ai fini Ires e Irpef la piena deducibilità si applica per i “veicoli ad uso speciale” e per quelli immatricolati in categoria N e vale pertanto anche per i veicoli commerciali elettrici.

Per le autovetture elettriche, invece, il riferimento è sempre all’articolo 164 del Tuir, che prevede la piena deducibilità solo per i veicoli usati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa (senza i quali l’attività non può essere esercitata) e per i veicoli adibiti a uso pubblico. Per gli agenti la percentuale di deducibilità scende all’80% e per imprese e professionisti al 20%, con limiti di costo di acquisto rispettivamente pari a 25.822,84 (agenti) e 18.075,99 euro.

Le auto elettriche date in uso promiscuo ai dipendenti sono deducibili come quelle tradizionali cioè al 70% se assegnate per la maggior parte del periodo d’imposta: l’incentivo all’elettrico si ferma infatti alla tassazione del fringe benefit al dipendente, mentre non cambia la deducibilità in capo al datore.

Inoltre, il limite del 20% (o 70% o 80%, secondo i casi) riguarda, oltre all’acquisto, anche le «spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore»: ne consegue che anche le auto a motore elettrico deducono solo il 20% delle spese di manutenzione, assicurazione, parcheggio, pedaggio, lubrificanti e carburante (cioè di energia elettrica)

Ricariche e rimborsi

Circa la ricarica di energia, si ritiene che operi il limite di deducibilità al 20% e detraibilità Iva al 40%, che richiede pertanto a imprese e professionisti – quando non si riforniscono da colonnine a pagamento – di rilevare separatamente il costo della ricarica dal consumo di energia relativo alla propria attività. Allo stesso modo, anche l’acquisto della colonnina dedicata al rifornimento di auto aziendali dovrebbe essere soggetto agli stessi limiti di deducibilità e detraibilità.

Quando l’auto è di proprietà del dipendente/collaboratore che se ne serve per trasferte aziendali il rimborso chilometrico rappresenta un costo deducibile per il datore di lavoro nei limiti dei parametri individuati dalle tariffe Aci per i modelli fino a 17 cavalli fiscali se benzina, o 20 se diesel. Nessun tetto è invece previsto per le auto elettriche.

Nell’insieme l’attuale impianto fiscale non appare sempre idoneo a supportare a pieno il passaggio all’elettrico da parte delle partite Iva (anzi, i prezzi più elevati potrebbero rivelarsi penalizzanti). La riforma fiscale che accompagna il Pnrr potrebbe forse essere l’occasione per un intervento. Intanto, un aiuto indiretto può arrivare dal bonus del 40% per le colonnine di ricarica, regolato con il Dm Mite del 25 agosto (si veda Il Sole 24 Ore del 9 novembre), con una dote di 90 milioni.

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