Diritto

Transazioni fiscali, le Entrate contestano l’omologazione forzosa

L’Agenzia afferma che il tribunale non ha il potere di omologare forzosamente la transazione fiscale

di Giulio Andreani

L’agenzia delle Entrate si è pronunciata sull’interpretazione delle norme che disciplinano l’omologazione forzosa della transazione fiscale introdotte con la legge 159/2020, modificate con il Dl 118/2021. Lo ha fatto attraverso l’avvocatura dello Stato, in un reclamo presentato avverso l’omologazione forzosa di una transazione fiscale disposta dal tribunale nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Secondo l’Agenzia, il tribunale non avrebbe il potere di omologare forzosamente la transazione fiscale, in quanto più conveniente per l’Erario, ove sia stata rigettata; inoltre, se all’impresa sono stati contestati, anche diversi anni prima, atti di frode, ciò inficerebbe l’attendibilità della proposta, che dovrebbe essere in respinta indipendentemente dalla sua convenienza.

Queste affermazioni non sono condivisibili, perché contrastano con l’articolo 182-ter della legge fallimentare, con l’articolo 20 del Dl 118/2021, oltre che con la giurisprudenza. Vediamo perché. L’articolo 182-ter individua nella convenienza il principio-cardine della transazione fiscale, in merito alla cui approvazione l’amministrazione finanziaria non dispone di una discrezionalità senza limiti, ma di una “discrezionalità vincolata” al miglior soddisfacimento dei crediti fiscali, rispetto al quale ogni altro elemento di giudizio è subordinato e strumentale, quindi una proposta conveniente non può essere rigettata. Il Dl 118/2021 ha modificato l’articolo 180, comma 4, legge fallimentare, che ha un senso logico solo se si assume che l’omologazione forzosa trova applicazione anche in caso di diniego espresso della proposta di transazione. C’è poi la giurisprudenza, che in netta prevalenza ha sposato questa tesi.

Se mediante condotte fraudolente l’impresa debitrice ha costituito un patrimonio occulto, occorre tenerne conto ai fini della valutazione della convenienza della proposta di transazione; tali condotte rilevano, tuttavia, non in quanto giustifichino una punizione dell’impresa, ma ove l’esistenza di un maggior patrimonio renda più conveniente per il Fisco la liquidazione rispetto alla transazione. E dunque anche in questa ipotesi è al criterio della convenienza che la valutazione deve essere informata e non a quello della punizione, da cui finirebbe poi per essere penalizzato soprattutto l’Erario. Il compito di punire spetta ad altri. Lo conferma lo stesso Dl 118/2021, che ha esteso l’applicazione dei reati fallimentari all’accordo di ristrutturazione con omologazione forzosa, per evitare che chi si è reso responsabile delle suddette condotte rimanga impunito, beneficiando, grazie all’accordo, del mancato assoggettamento dell’impresa al fallimento e al concordato, nel cui ambito prima di tale estensione i reati fallimentari erano confinati. È quindi chiara la separazione voluta dal legislatore tra il profilo sostanziale dell’istituto, volto al più conveniente recupero del credito erariale, e il profilo delle responsabilità, che vanno accertate con strumenti diversi e in altre sedi.

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