Adempimenti

L’atto sbagliato non è mai definitivo

di Salvina Morina e Tonino Morina

Il Fisco amico deve ripartire dall’autotutela. Ma per una vera autotutela, occorre che il Fisco sia obbligato a rispondere alle istanze dei cittadini. Perché l’autotutela, così com’è, senza obbligo di risposta in tempi certi, serve a poco. E purtroppo sono pochi gli uffici che si assumono la responsabilità di annullare gli atti sbagliati.

L’autotutela è lo strumento che, in materia tributaria, impiega il cittadino per farsi ascoltare dagli uffici quando ritiene di avere subito un’ingiustizia.

Per evitare inutili contenziosi, è necessario adottare atti di autotutela non solo su richiesta del contribuente ma, se ne sussistono i presupposti, anche d’iniziativa dello stesso ufficio per assicurare adeguati canoni di buona amministrazione.

Già dal 1998, cioè dall’anno successivo all’entrata in vigore del regolamento sull’autotutela, 11 febbraio 1997, n. 37, con la lettera-circolare 195/S del 5 agosto 1998, il ministero delle Finanze ricorda agli uffici che l’atto sbagliato è annullabile senza limiti di tempo. La lettera circolare prosegue, avvertendo gli uffici sui rischi che corrono con le liti temerarie. Essa afferma che l’autotutela non è «una specie di optional» e l’ufficio emittente «non possiede una potestà discrezionale di decidere a suo piacimento se correggere o no i propri errori».

Il regolamento sull’autotutela, di cui al decreto 11 febbraio 1997, n. 37, riconosce il principio sacrosanto che chi ha il potere di fare ha anche il dovere-potere di disfare o di correggere il proprio errore. Qualsiasi atto sbagliato deve essere annullato dall’ufficio anche se:

l’atto è divenuto ormai definitivo per decorso dei termini per ricorrere : l’atto sbagliato non è mai definitivo;

il ricorso è stato presentato ma respinto con sentenza passata in giudicato per motivi formali (inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità); il contenuto dell’atto prevale sulla forma;

vi è pendenza di giudizio;

il contribuente non ha prodotto alcuna istanza.

Ai fini dell’autotutela, all’ufficio è attribuito il solo e unico compito di verificare, in modo del tutto autonomo e indipendente, se l’atto è legittimo o meno. Se la pretesa è infondata in tutto o in parte, va ritirata o ridotta per ristabilire un corretto rapporto con il contribuente, che non può essere chiamato a pagare tributi che non sono strettamente previsti dalla legge.

L’atto sbagliato che viene annullato comporta l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente riscosse. L’annullamento in autotutela dell’atto illegittimo o infondato ha un solo limite: che esista una sentenza passata in giudicato favorevole all’ufficio; deve però trattarsi di una sentenza che abbia pronunziato sul “merito” del rapporto tributario e non nella forma o nel tempo.

L’autotutela serve ad entrambe le parti - fisco e contribuente - perché:tutela l’amministrazione finanziaria; tutela il cittadino interessato all’annullamento o alla correzione.

L’autotutela conviene perché fa risparmiare all’Amministrazione pubblica brutte figure e il pericolo di risarcire il contribuente erroneamente perseguitato. Un’accurata autotutela consente di: ridurre il contenzioso; migliorare il rapporto fisco-contribuente.

Come si è detto, però, se l’ufficio non ha alcun obbligo di risposta in tempi certi, ed il contribuente non ha alcuna tutela giurisdizionale, l’autotutela serve a poco, così come sono pochi gli uffici che si assumono la responsabilità di annullare gli atti illegittimi o infondati.

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