Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: contributo unificato, imposta di registro e rimborsi Iva

di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Nel ricorso cumulativo il contributo unificato si calcola in base agli atti impugnati. Nella vendita all’incanto l’imposta di registro si calcola sul prezzo di aggiudicazione. Il depositario di prodotti alcolici è responsabile per il mancato pagamento delle accise dovute. Nessun limite per il rimborso Iva se la norma nazionale contrasta con quella europea. Sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.

Nel ricorso cumulativo il contributo unificato si calcola in base agli atti impugnati
Per il ricorso cumulativo, cioè il ricorso introduttivo proposto contestualmente contro più atti tributari, il contributo unificato non va parametrato al valore totale della controversia, ma va calcolato su ogni atto impugnato in base a quanto disposto dal Testo unico spese di giustizia (terzo comma-bis dell’articolo 14 del Dpr 115/2002). E se la segreteria della Commissione tributaria ha invitato bonariamente il contribuente ad integrare il pagamento entro il termine di novanta giorni, una volta decorso tale termine senza che sia intervenuto il pagamento, va applicata la sanzione del duecento per cento. Nel caso esaminato, il contribuente impugna l’intimazione pagamento e le sottese cartelle esattoriali per un valore “totale” di oltre 192mila euro, e versa il contributo di cinquecento euro. La segreteria della Commissione irroga la sanzione per insufficiente versamento del contributo unificato tributario per oltre 2mila euro.
Ctp Como, sentenza 213/1/2017


Vendita all’incanto, l’imposta di registro si calcola sul prezzo di aggiudicazione
In caso di trasferimento di beni oggetto di aggiudicazione a seguito di provvedimento giudiziale, la base imponibile dell’imposta di registro è rappresentato dal prezzo pagato e non dal valore complessivo dei beni, perché in caso di vendita tramite asta pubblica o espropriazione forzata trova applicazione la norma speciale (articolo 44 del Dpr 131/1986) in tema di registro. E non rileva la circostanza che il passaggio dei beni sia avvenuto tramite rogito notarile se comunque l’atto è stato redatto dal curatore a seguito di apposita autorizzazione del giudice delegato. Trattasi comunque di vendita giudiziale dove la base imponibile ai fini del registro è costituita dal prezzo di aggiudicazione ed il controllo del giudice delegato impedisce che possa esservi differenza tra prezzo concordato e prezzo pagato.
Nel caso esaminato, giusta autorizzazione del giudice delegato, veniva formulato dal fallimento un invito a manifestare interesse per l’acquisto dell’azienda che veniva assegnata, tramite atto notarile e con l’autorizzazione del giudice fallimentare, al miglior offerente per 3,75 milioni di euro, importo poi rettificato dall’Amministrazione in oltre 5,8milioni.
Ctp Lecco, 170/1/2017


Il depositario di prodotti alcolici è responsabile per il mancato pagamento delle accise dovute
Il contribuente titolare di deposito autorizzato di prodotti alcolici detenuti per conto di terzi risponde del mancato assolvimento delle accise sulla merce (nel caso di specie, vodka) dichiarata in “sospensione” perché destinata ad esportazione (lo «svincolo») se la vendita all’estero non si concretizza dato che il prodotto è consumato all’interno del territorio dello stato. Questo perché:
1) del pagamento delle accise, risponde la persona che sapeva, o avrebbe dovuto ragionevolmente sapere, della irregolarità dello svincolo, come disposto dall’articolo sette, comma primo, lettera d), del Testo unico sulle accise (Tua);
2) l’articolo 2 del medesimo Testo Unico chiaramente dispone che il titolare del deposito fiscale, dal quale proviene l’immissione in consumo della merce, è obbligato al pagamento dell’accisa.
Nel caso specifico l’agenzia delle Dogane ha accertato accise non corrisposte su prodotti alcolici per i quali non veniva assolta la relativa imposta per oltre 190mila euro perché dichiarata merce destinata all’esportazione in Tunisia. Della stessa, però, a seguito controlli, non veniva fornita alcuna prova della effettiva esportazione, per assenza di manifesti d’imbarco, pagamenti, Cmr (la lettera di vettura,), facendo nascere la presunzione che la merce fosse rimasta e consumata all’interno del territorio della Ue.
Ctp Treviso, sentenza 380/1/2017


Immediatamente esecutiva la sentenza in favore del contribuente
Nel giudizio tributario è immediatamente esecutiva la sentenza di condanna emessa in favore del contribuente, anche se la stessa non è passata in giudicato a seguito dell’impugnazione promossa dall’Amministrazione in Cassazione. Ciò si evince dalla corretta applicazione temporale e procedurale del “nuovo” giudizio di ottemperanza (nel caso esaminato il contribuente ricorre per ottemperanza al fine di ottenere rimborso delle spese di lite di oltre 3.500 euro cui è stata condannata l’Amministrazione finanziaria).
Infatti, a livello temporale, è valida la tesi del contribuente secondo cui le sentenze depositate dal primo giugno 2016, ai sensi del novellato art. 69 del Processo Tributario, sono di immediata esecuzione, a prescindere dal passaggio in giudicato della stessa. Di contro, è errata la tesi erariale secondo cui la norma di fatto è entrata in vigore solamente a decorrere dal 28 marzo 2017 (data entrata emanazione del decreto Mef numero 22 del 6 Febbraio 2017, attuativo del citato articolo 69), dato che tale norma disciplina solamente la garanzia eventualmente necessaria per l’esecuzione delle sentenze in cui siano previsti rimborsi per oltre 10mila euro, ad esclusione delle spese di lite, garanzia sottoposta tra l’altro alla discrezionalità del giudice.
Poi, a livello procedurale, l’Amministrazione non può opporsi al rimborso sostenendo che il contribuente abbia altre pendenze che andrebbero “compensate”, senza che sia stata avanzata una esplicita richiesta in tal senso da parte dello stesso ricorrente. Questo perché nel giudizio di ottemperanza il giudice deve decidere solo in merito all’esecuzione del giudicato e l’eventuale esistenza di un credito preteso dall’Amministrazione può essere compensato con le somme da rimborsare in favore del contribuente solamente se vi è una esplicita richiesta in tal senso del ricorrente.
Ctr Lombardia, sentenza 3849/10/2017

Nessun limite per il rimborso Iva se la norma nazionale contrasta con quella europea
In materia di Iva il conflitto tra diritto comunitario e diritto nazionale va sempre risolto a favore del primo. Pertanto se la disposizione nazionale che limita la detraibilità Iva è in contrasto con la direttiva Ue, va certamente applicata quest’ultima. Più precisamente, l’articolo 19-bis, comma 1, lettera c), del Dpr 633/72 vigente ratione temporis del decreto Iva, che sanciva l’indetraibilità relativa all’acquisto, effettuato da contribuenti che svolgevano attività soggette al «pro rata», non va applicato perché la direttiva Ue (articolo 17 della direttiva 77/388/Cee) prevede che, in caso di acquisto di beni da parte di tale tipologia di contribuenti (ossia contribuenti che effettuano operazioni sia soggette ad Iva che non), l’Iva sugli acquisti è detraibile pro quota, ossia prendendo a riferimento il valore delle operazioni soggette ad Iva. E non rileva la circostanza che lo stato membro della Ue possa discostarsi dalla direttiva per motivi congiunturali (ad esempio, per la salvaguardia bilancio pubblico), dato che tale scostamento può essere solo temporaneo, e quindi non per un tempo illimitato. Di conseguenza spetta il rimborso Iva entro il termine di due anni relativa chiesta dal contribuente (nel caso specifico, nel 2004 il contribuente chiede a rimborso l’Iva indetraibile per l’acquisto di autoveicoli relativa agli anni dal 2001 al 2004).
Ctr Sicilia, sezione staccata Siracusa, sentenza 3000/4/2017

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