Controlli e liti

Pompe funebri, sì all’induttivo con il barometro

Per la Ctr Lombardia 3483/1/2021 le numerose irregolarità contabili e fatture troppo generiche legittimano l’accertamento analitico-induttivo

di Emanuele Mugnaini

Le numerose irregolarità contabili e la genericità delle descrizioni contenute nelle fatture emesse legittimano l’accertamento induttivo. Così si è espressa la Ctr Lombardia 3483/1/2021 (presidente Chindemi, relatore Colavolpe).

La vicenda trae origine dalla verifica fiscale nei confronti di un’impresa di pompe funebri con la quale venivano rideterminati i margini di ricavo e accertata l’omessa fatturazione di taluni servizi resi. La sentenza di primo grado, che vedeva riconosciute le ragioni del contribuente, veniva appellata dall’ufficio.
I giudici lombardi, nel ribaltare il verdetto, hanno rilevato innanzitutto che le plurime violazioni di natura contabile rilevate dai verificatori giustificavano l’accertamento sulla base di presunzioni “semplicissime”, cioè prive dei requisiti di gravità precisione e concordanza. In tal senso, il riferimento al comma 1, lettera d) dell’articolo 39, Dpr 600/73, contenuto nella parte motiva della sentenza, frutto di un refuso, va letto guardando al successivo comma 2, che disciplina l’induttivo puro.
La norma in questione prevede che quando le irregolarità contabili sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture, è consentito agli uffici determinare il reddito d’impresa prescindendo in tutto o in parte da esse, utilizzando i dati e le notizie comunque raccolte o di cui sono venuti a conoscenza. Dalle risultanze istruttorie era emersa infatti l’assenza del dettaglio delle rimanenze e la mancanza del libro inventari. Erano state rilevate, inoltre, numerose incongruenze tra il libro cespiti e le risultanze del bilancio d’esercizio. Ulteriormente, le fatture emesse risultavano generiche poiché non riportavamo il modello di bara e il dettaglio dei servizi resi.
L’ufficio aveva così proceduto ad applicare una percentuale di ricarico ai cofani ceduti, ricavata dalla media dei ricarichi praticati dalla società. Una differenza quantitativa tra gli acquisti e le vendite di cofani effettuate nel corso dell’anno, emersa dalla ricostruzione delle rimanenze, aveva indotto i verificatori a contestare ulteriori ricavi derivanti da servizi funebri non fatturati. Le obiezioni del contribuente, incentrate sulla rigida normativa che, regolando il settore, fa si che tutti i funerali siano in qualche modo tracciati, non sono state ritenute sufficienti.
La documentazione prodotta dalla società, osservano i giudici, evidenziava come fosse possibile lo svolgimento di servizi “in nero” anche se amministrativamente in regola. Questo perché, oltre al verbale di sepoltura, non vi è obbligo di presentare al comune anche la fattura. Il “barometro”, per tanto, è da considerarsi giustificato.

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