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Locazioni brevi, perché l’avvocato Ue ha bocciato l’obbligo di nomina del rappresentante fiscale

Non è ancora arrivata la conclusione della vertenza tra Airbnb e lo Stato italiano, ma la posizione dell’avvocatura comunitaria identifica l’adempimento come una restrizione sproporzionata della concorrenza

In attesa della sentenza definitiva nella vertenza sulla norma nazionale che impone la ritenuta sugli affitti brevi, vale la pena di tornare sulle conclusioni dell’avvocato Generale Maciej Szpunar, nella causa C-83/21, Airbnb Ireland e Airbnb Payments Uk. Come si ricorderà, l’avvocato ha chiarito che, sebbene l’obbligo di raccolta e trasmissione delle informazioni delle locazioni brevi non ostacoli la libera prestazione dei servizi, la nomina di un rappresentante fiscale costituisce una restrizione sproporzionata a detta libertà, violando il diritto unionale.

La vicenda

L’articolo 4, Dl n. 50 del 24 aprile 2017 (convertito con modificazioni dalla legge 96 del 21 giugno 2017) ha introdotto un nuovo regime fiscale delle locazioni brevi al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa. La disciplina impone che i redditi derivanti dai contratti di locazione siano assoggettati ad una cedolare secca tramite ritenuta alla fonte con aliquota del 21% e i dati relativi ai contratti di locazione devono essere comunicati all'Autorità fiscale. Sul punto, è previsto che i soggetti non residenti riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia sono tenuti a nominare, in qualità di responsabile d'imposta, un rappresentante fiscale.

Airbnb ha presentato ricorso contro il provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate e il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea di interpretare varie disposizioni del diritto unionale alla luce della norma interna.

Le conclusioni dell’avvocato: il criterio di proporzionalità

L’avvocato Generale ha presentato le proprie conclusioni, rilevando, innanzitutto, che l’obbligo di raccogliere e fornire le informazioni alle Amministrazioni finanziarie, nonché l’obbligo di ritenuta fiscale e quello di nominare un rappresentante fiscale, non costituiscono fattispecie rientranti nelle regole tecniche di cui alla direttiva n. 2015/1535. Da ciò consegue che l’Italia non era obbligata a una comunicazione preventiva nei confronti della Commissione Ue.

Tuttavia, secondo l’avvocato Generale, da un lato, la libera prestazione dei servizi prevista dall’articolo 56, Tfue non osta all’introduzione di una disposizione che preveda l’obbligo per l’intermediario di raccogliere e fornire informazioni sulla locazione breve, nonché di ritenuta fiscale. Dall’altro lato, l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale risulta essere una misura sproporzionata, che restringe la libera prestazione dei servizi. Il giudizio circa la compatibilità della misura nazionale deve essere condotto considerando la proporzionalità della norma, ossia essa dovrà essere l’unico strumento possibile per realizzare lo scopo con il minor sacrificio per le disposizioni Ue.

La proporzionalità, in particolare, rappresenta un criterio di giudizio della idoneità strumentale della disposizione interna rispetto all’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale. Essa, pertanto, verificherà, da un lato, l’idoneità delle norme interne rispetto allo scopo enunciato; dall’altro, la necessità di tali misure, avendo riguardo all'alternatività di strumenti che possono essere utilizzati per produrre un minor sacrificio dei valori comunitari.Non resta, dunque, che attendere la pronuncia dei Giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea.