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Ires, Irpef e Iva: ancora discriminate le imposte non armonizzate dall’Ue

La nostra normativa non riconosce le più ampie garanzie che la Corte di giustizia Ue ha creato con la sua giurisprudenza in materia di imposte armonizzate

di Enrico Traversa

La Corte costituzionale ha mancato una grande occasione, nella sua sentenza 47/2023, per allineare le garanzie procedurali dei contribuenti soggetti ad imposte non armonizzate dall’Ue (Ires, Irpef e Irap) alle più ampie garanzie che la Corte di giustizia Ue ha creato con la sua giurisprudenza in materia di imposte armonizzate (Iva, accise e dazi doganali). Per capire come sia potuto accadere si devono ripercorrere in prospettiva “europea” i passaggi della motivazione della Consulta. La Commissione tributaria regionale (oggi Corte di giustizia tributaria) della Toscana aveva sollevato, con riferimento all’articolo 3 Costituzione, una questione di legittimità costituzionale avente a oggetto l’articolo 12.7 della legge 212/2000 «nella parte in cui non estende il diritto al contraddittorio endoprocedimentale a tutte le modalità di accertamento in rettifica poste in essere dall’agenzia delle Entrate, se effettuate tramite verifiche c.d. a tavolino».

La causa a quo aveva tratto origine dal ricorso di una Srl avente a oggetto l’annullamento, per violazione del diritto al contraddittorio, dell’atto di accertamento dell’Ires, dell’Irap e dell’Iva, «essendo l’avviso di accertamento scaturito da una mera richiesta di documentazione contabile».

La Cgt Toscana aveva rilevato che per i tributi armonizzati (Iva) l’obbligo generalizzato del contraddittorio preventivo derivava direttamente dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, mentre per i tributi non armonizzati (Ires e Irap) esso era previsto soltanto nel caso di verifica eseguita presso gli uffici del contribuente ex articolo 12.7 della legge 212/2000. Tuttavia, nell’ordinanza di rinvio alla Corte costituzionale, il giudice a quo aveva ipotizzato una violazione dell’articolo 3 Costituzione solo con riferimento a una “evidente disparità di trattamento” in materia di diritto al contraddittorio fra gli accertamenti fiscali a seguito di verifiche presso i locali del contribuente e accertamenti sulla base della documentazione comunicata all’amministrazione dal contribuente stesso. Tale formulazione della questione di legittimità costituzionale basata sul solo diritto italiano ha fatto “deragliare” la pronuncia della Corte costituzionale sul “binario morto” di una dichiarazione di inammissibilità della questione stessa, in quanto il diritto al contraddittorio preventivo «ancorché esprima un’esigenza di carattere costituzionale, non può essere esteso in via generale tramite una sentenza di questa Corte» (sentenza 47/2023, paragrafo 6). Tale esito del procedimento dinanzi alla Consulta si prospetta tanto più deludente in quanto la Corte, al punto 5.3 della sentenza, ha ricordato l’obbligo generale di rispettare il diritto al contraddittorio imposto all’amministrazione tributaria italiana,