Finanza

Manovra, cambia il patent box: ipotesi bonus sui brevetti

Nella legge di Bilancio arrivano nuovi interventi dopo il confronto acceso dell’ultimo periodo

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Il patent box prova a farsi spazio in manovra. Dopo il confronto acceso tra il ministero dello Sviluppo economico e quello dell’Economia sul destino della nuova deduzione al 90% inserita nel decreto fiscale collegato alla legge di bilancio, il Governo prova a trovare una soluzione che accontenti tutti. Sia chi, come lo Sviluppo economico e buona parte della maggioranza, chiede di lasciare la possibilità di scelta alle imprese tra la vecchia detassazione sui beni immateriali e chi come il Mef proponeva di poter cumulare la nuova deduzione sui costi di ricerca e sviluppo di marchi e brevetti con il tax credit per la ricerca.

La terza via, che potrebbe ora approdare in manovra di bilancio sarebbe quella di riconoscere un credito d’imposta a alle imprese che fanno innovazione e sperimentazione. La riformulazione attesa in commissione Bilancio dovrebbe abbandonare l’idea di un regime opzionale di tassazione agevolata sui redditi derivanti dall'utilizzo di software protetti da copyright, brevetti industriali e marchi. Il nuovo credito d’imposta dovrebbe sostituire lo sconto sul reddito derivante dall’uso dei brevetti (maxi deduzione al 90% prevista dal Dl fiscale appena approvato definitivamente alla Camera). La nuova versione del patent box andrebbe dunque a trasformarsi in un credito d’imposta sui costi sostenuti per sviluppo e sperimentazione sui beni immateriali e in particolare per quei brevetti finalizzati alla produzione, ossia a quei beni utilizzati nell'attività d’impresa che portano redditività. Per spingere le imprese a scegliere la nuova strada di incentivo e abbandonare il ruling magari già presentato, il credito d’imposta sui costi degli anni precedenti potrebbe essere rivalutato anche con percentuali del 100% o del 150 per cento.

Per il resto, tra continue convocazioni poi puntualmente rinviate, l’attesa della commissione Bilancio del Senato per i correttivi governativi ha dominato una giornata scandita da riunioni di maggioranza e tra i partiti e gli esponenti del governo. Al ministero dell’Economia il pacchetto fiscale, chiuso ormai da settimane con l’intesa nella maggioranza, è stato tenuto sul tavolo fino a tarda sera anche per non incrociare direttamente lo sciopero generale proclamato ieri proprio sulle tasse da Cgil e Uil. Una prudenza dettata da ragioni politiche più che tecniche, perché sul piano normativo il lavoro è terminato giorni fa.

Si conferma il nuovo impianto dell’Irpef, articolato su quattro scaglioni di reddito e su una nuova curva delle detrazioni rafforzate anche per inglobare, nel caso del lavoro dipendente, i vecchi bonus Renzi-Conte, che rimangono nella loro configurazione attuale solo per i titolari di reddito fino a 15mila euro per evitare un’esplosione del fenomeno degli incapienti.

L’Irpef assorbe per questa via 7 miliardi, mentre altri 1,3 finiscono all’abolizione dell’Irap per i professionisti e le ditte individuali. Il miliardo e mezzo destinato invece a tagliare dello 0,8% il carico contributivo sui dipendenti con redditi fino a 35mila euro arriverà invece con un altro emendamento governativo, quello su cui viaggeranno i 3,3 miliardi resi disponibili dal decreto fiscale-bis della scorsa settimana e finalizzati, per il resto, a incrementare il fondo contro il caro-bollette.

Nella prima tornata di norme elaborate dal governo entra poi la parte dedicata al pubblico impiego, con i fondi aggiuntivi (circa 175 milioni) per la scuola e il ritocco che, negli altri comparti, permette di dedicare ai nuovi ordinamenti lo 0,55% della massa salariale, aprendo la strada alla firma del contratto delle Funzioni centrali attesa martedì prossimo.

Completa il quadro l’ennesimo salvagente lanciato per i grandi Comuni in crisi, con un aiuto finanziario spalmato su 10 anni e vincolato a un “Patto” con cui i sindaci si impegnano a riequilibrare in modo strutturale i loro bilanci.

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