Diritto

Supersocietà di fatto, il fallimento è autonomo

Secondo la Cassazione l’insolvenza dei soci ha solo valore indiziario

di Giuseppe Acciaro e Alessandro Danovi

Ai fini della dichiarazione di fallimento della cosiddetta “supersocietà di fatto” è necessario l'accertamento della sua specifica insolvenza, la quale presenta carattere autonomo rispetto a quelle dei soci, potendo queste ultime costituire solo un fatto indiziante. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6030 depositata il 4 marzo 2021. Il tema presenta particolare interesse poiché la supersocietà di fatto era stata invocata in alcuni casi, anche di grande rilevanza, dal curatore per allargare lo spettro di responsabilità del dissesto ai soci e far venir meno lo schermo della responsabilità limitata della società fallita.

Il caso

Nel caso in esame, il Tribunale aveva dichiarato il fallimento della società di fatto tra una società a responsabilità limitata, già dichiarata fallita, e una società di persone, nonché di quest’ultima e dei suoi soci illimitatamente responsabili, sulla base dell’estensione prevista dall’articolo 147 della legge fallimentare.

La società di persone e i suoi soci illimitatamente responsabili avevano impugnato la sentenza di fallimento di fronte alla Corte d'Appello. Questa aveva respinto l’appello, rilevando che le due società avevano collaborato «per il perseguimento di un comune scopo imprenditoriale» e dato così vita al fenomeno della cosiddetta “supersocietà di fatto”. La Corte d’appello, rilevata la fallibilità della supersocietà di fatto, aveva quindi ritenuto sussistente lo stato di insolvenza. La società di persone e i soci illimitatamente responsabili avevano quindi presentato ricorso in Cassazione

La società di fatto nella legge fallimentare

La società di fatto rappresenta una società costituita per fatti concludenti, senza una esplicita dichiarazione di volontà in tal senso formalizzata per iscritto. L’esistenza di una società di fatto deriva da una rigorosa valutazione del complesso delle circostanze idonee a rilevare l’esercizio in comune di una attività imprenditoriale, nonché dai comportamenti di alcuni dei soci in grado di ingenerare all'esterno il ragionevole affidamento circa l'esistenza della società.

Nella legge fallimentare, l’articolo 147, comma 5, dispone che sia dichiarato il fallimento della società di fatto (e dei suoi soci), «qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l'impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile».

Il vizio di sussunzione

La società di persone e i suoi soci, con il primo motivo di ricorso, lamentano un «vizio di sussunzione» nel quale sarebbe incorsa la Corte d'Appello per aver confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha fondato la presunzione di esistenza della supersocietà di fatto su indizi privi della gravità, precisione e concordanza. La Cassazione ritiene inammissibile il primo motivo in quanto si risolve nel richiedere un nuovo esame degli elementi materiali della fattispecie, precluso ai giudici di legittimità.

Accertamento dell’insolvenza e dichiarazione di fallimento

Il secondo motivo di ricorso attiene all’omessa motivazione della Corte di Appello circa le motivazioni sulla prova dello stato di insolvenza della supersocietà di fatto. La Suprema Corte ritiene fondato il motivo poiché, per dichiarare il fallimento di una società, è necessario che sia insolvente, poiché si tratta di un fallimento autonomo rispetto a quello dei suoi soci illimitatamente responsabili.

Pertanto, è necessario verificare la sussistenza di un’autonoma insolvenza in capo alla supersocietà, il cui fallimento costituisce unicamente «presupposto logico e giuridico della dichiarazione di fallimento, per ripercussione, dei soci». Dunque, è la supersocietà che deve essere presa in considerazione quale soggetto imprenditore eventualmente insolvente, potendo i suoi soci fallire esclusivamente per «ripercussione».

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