Imposte

Neoresidenti, una chance per lo scambio di informazioni

di Luigi Belluzzo

Neoresidenti con vantaggi anche sul fronte della riservatezza seppur nel rispetto degli standard internazionali. Mentre per l’Italia si profila il beneficio di accogliere soggetti tracciati dagli intermediari finanziari che verificano la titolarità effettiva del patrimonio estero.

Il funzionamento
Ma facciamo un passo indietro. Il regime introdotto dall’ultima legge di bilancio e attuato dal provvedimento delle entrate dell’8 marzo prevede il versamento in via forfetaria di 100mila euro all’anno (maggiorato di 25mila euro per ciascun familiare che trasferisce la propria residenza in Italia), per un massimo di 15 anni. Tale forfait copre ogni reddito di fonte estera, oltre che portare benefici sul lato delle donazioni e successioni. Al contrario, sui redditi di fonte italiana l’imposizione continua ad essere quella ordinaria.

Il confronto internazionale
La nuova misura si inserisce in un contesto di competizione fiscale agguerrita: il Regno Unito ha da sempre un sistema attrattivo per i non domiciliati, recentemente ridotto a un massimo di 15 anni, la Svizzera ha il regime dei globalisti mentre Portogallo, Malta o Cipro hanno anch’essi approvato norme di favore per neo residenti. La competizione non è tuttavia solo fiscale, ma basata anche su altri elementi tangibili e intangibili.
Punto di forza del regime italiano è l’assenza di imposizione per le rimesse in Italia. Diversamente dagli altri regimi più competitivi (come Regno Unito o Malta), la norma incentiva, non opponendo barriere fiscali, l’impiego dei redditi esteri in Italia, contribuendo ad attivare quell’ecosistema che indubbiamente ha fatto la fortuna di Londra negli ultimi 30 anni.

L’attrattività del regime italiano dipende anche dal fatto che non richiede alcuna informazione sul patrimonio estero del neo residente. Né nell’istanza di interpello né in sede di dichiarazione dei redditi (quadro RW) deve essere fornita alcuna indicazione in merito alla composizione ed entità dei redditi di fonte estera e del patrimonio nel suo complesso. In pratica, il neo residente non deve dare al Fisco alcuna informazione sulla sua situazione reddituale e patrimoniale estera, in deroga alle stringenti disposizioni previste per i contribuenti nazionali.

Riservatezza e scambio di informazioni
La riservatezza non va però, confusa, con la segretezza, ormai disincentivata in (quasi) tutti i Paesi. La riservatezza che circonda il neo residente si basa sul pieno rispetto delle normative, incluse quelle relative allo scambio delle informazioni finanziarie (per esempio, il Crs: common reporting standard).

In questo quadro l’Italia, acquisita la residenza del soggetto estero, diventa la destinataria delle comunicazioni standard che lo riguardano, ricevendo dai vari intermediari finanziari che, a livello internazionale, tracciano la titolarità effettiva del neoresidente. Naturalmente, tanto per professionisti quanto per gli intermediari finanziari non ci sono eccezioni alle regole che impongono la conoscenza del cliente e alle norme contro il riciclaggio ed il terrorismo. Si crea così un eco sistema virtuoso.

Le informazioni resteranno presso l’amministrazione in sede centrale, senza rischi per la privacy dei neo residenti.

I soggetti più attenti hanno già accettato il nuovo ambiente internazionale di riferimento, accettando che, a livello di intermediari finanziari e amministrazioni nazionali ci sia questo scambio di informazioni. Ciò non potrà che rafforzare la pratica della corretta pianificazione patrimoniale, non solo successoria dato che il nuovo regime consente di strutturarsi in modo efficiente ed in piena legalità, andando a cogliere pienamente le opportunità, non solo fiscali.

Questa iniziativa potrà attirare in Italia soggetti qualificati e privi di quelle problematiche che un regime opaco avrebbe inevitabilmente portato. Soggetti che senza il novello regime non avrebbero certo guardato al nostro Paese.

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