Contabilità

Cripto-attività e oscillazioni di valore: l’irrilevanza Ires ignora il bilancio

Le nuove norme fiscali andrebbero integrate con la disciplina contabile. Ma a livello Oic e anche internazionale manca ancora un principio dedicato

Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 110 del Tuir – introdotto dall’ultima legge di Bilancio – innova i princìpi del reddito d’impresa per i soggetti attivi nella cripto-economy. Prevede infatti che «non concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività». La nuova norma, pur apprezzata dagli operatori, è però parziale, in quanto non risolve tutte le potenziali criticità tipiche di chi opera in questo settore.

Gli effetti positivi

Innanzitutto – ed è questo l’aspetto più rilevante – la norma evita che il risultato fiscale possa essere influenzato dalla forte volatilità (e conseguente “illiquidità”) dei cripto-asset, i cui valori possono crollare o esplodere, anche dal giorno alla notte, soprattutto a causa di eventi esogeni: la norma ha l’effetto pratico di evitare di anticipare o posticipare imposte su un reddito “virtuale”, che potrebbe in tempi brevissimi azzerarsi o tramutarsi in perdita.

In secondo luogo, tale norma sconfessa l’equiparazione a valute estere proposta dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione 72/E/2016, che imponeva di allineare i bitcoin detenuti alla fine dell’anno alle quotazioni rilevate a fine esercizio: una posizione che aveva lasciato perplessi, in ragione non solo della citata volatilità, ma anche dell’assenza di un valore ufficiale di cambio (come per le valute estere).

I nodi contabili

In attesa che la prassi amministrativa si adegui, gli operatori – soprattutto soggetti Ires – da un lato ringraziano ma dall’altro lamentano la parzialità dell’intervento, che sembra dettato più dall’urgenza che da un radicale coordinamento con i principi sistematici che regolano il reddito d’impresa, in primis la “derivazione rafforzata” dal bilancio e dai criteri di qualificazione e classificazione previsti dai principi contabili.

L’articolo 110, comma 3-bis, del Tuir esclude infatti la rilevanza delle oscillazioni di valore, dunque dei risultati “maturati” e non “realizzati”, ma lo fa a prescindere dal comportamento contabile adottato, senza chiedersi se tali oscillazioni emergano o meno in bilancio. Sarebbe forse opportuno integrare la disciplina fiscale (derivata) con quella contabile (principale), vale a dire con la classificazione civilistica/contabile delle stesse cripto-attività; un po’ come lo stesso articolo 110 del Tuir fa con le diverse categorie e classificazioni contabili degli strumenti finanziari.

Va però detto che, anche sul piano contabile, il processo di inquadramento sistematico è tutt’altro che compiuto. In assenza di indicazioni normative, la prassi ha compiuto i primi passi per inquadrare le cripto-attività, ma il cammino è ancora lungo: basti pensare che a livello di principi contabili nazionali Oic manca ancora un principio dedicato, così come a livello internazionale.

Tuttavia, almeno a livello di principi Ias/Ifrs, si registra un’interpretazione rilasciata nel giugno 2019 dall’«Ifrs Interpretations committee» secondo cui – in estrema sintesi – i cripto-asset possono essere contabilizzati come rimanenze o come immobilizzazioni immateriali, ma non come strumenti finanziari. Posizione confermata nel 2020 anche dall’Aicpa (l’associazione internazionale dei «Certified professional accountants»), che però restringe il campo ulteriormente a favore delle sole immobilizzazioni, così come peraltro recentemente ha fatto il Fasb («Financial accounting standards board»), che si è espresso anche sull’aspetto della valutazione, a favore del fair value.

Definizione delle cripto-attività

Sono primi apprezzabili segnali di un processo più ampio, che merita di essere letto in ragione delle concrete e molteplici funzioni che le cripto-attività possono assumere in un contesto d’impresa (si veda l’articolo di Nt+ Fisco «I realizzi vanno tassati con il criterio di derivazione»).

Questa ulteriore incertezza, accentuata dal polimorfismo intrinseco di un settore in cui la tecnica corre più veloce del diritto positivo, è forse il motivo per cui il legislatore ha preferito adottare – per questa (prima) specifica cripto-norma ai fini Ires – un termine generico come «cripto-attività». Termine che trova una definizione solo in un’altra nuova norma introdotta dalla legge di Bilancio (la lettera c-sexies dell’articolo 67 del Tuir), che però la circoscrive «ai fini della presente lettera», dunque solo in ambito Irpef.

Sarebbe forse utile confermare che la definizione sottintende la stessa quadripartizione (“currency token”, “security token”, “utility token” e “non-fungible token”), che tuttavia – secondo quanto indicato nella relazione illustrativa a commento della norma Irpef – si muove a servizio della irrilevanza delle permute tra cripto-attività «aventi eguali caratteristiche e funzioni», la cui applicazione ai soggetti Ires pare essere messa in dubbio da un passaggio contenuto nella stessa relazione illustrativa.

Le definizioni

1. Cripto-attività
«Rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga». Così afferma la nuova lettera c-sexies del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.

2. Categoria
Nella prassi si distingue tra: currency-token (criptovalute o valute virtuali); security token (diritti economici o amministrativi legati a iniziative imprenditoriali); utility token (diritto a usare prodotti e servizi); non-fungible token Nft (asset digitali unici e indivisibili). Lista non ufficiale ma utile ai fini della fiscalità delle permute.

3. Valutazione
Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 110 del Tuir prevede che non concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività alla data di chiusura del periodo di imposta, a prescindere dall’imputazione a conto economico.

4. Realizzo
In assenza di disposizioni, valgono i criteri generali per cui costituiscono realizzo anche le permute. Secondo la relazione illustrativa alla nuova norma sulle valutazioni rilevano anche le permute tra cripto-attività (da chiarire il legame con la deroga prevista ai fini Irpef per le permute tra cripto con eguali caratteristiche e funzioni).

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