Controlli e liti

Danni da risarcire se il processo penale nasce da errori in una verifica fiscale

Per la Cassazione, la responsabilità non nasce dalla dovuta denuncia ma dalla inesattezza. Agenzia e funzionari risarciscono il contribuente assolto dopo il processo

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’Agenzia delle entrate e i verificatori che commettono errori nella contestazione da cui scaturisce un processo penale conclusosi con assoluzione, sono tenuti a risarcire il danno che ha subito il contribuente.

Ad affermare questo interessante principio è la Cassazione, con l’ordinanza n. 5984/2023.

I funzionari dell’Agenzia delle entrate comunicavano una notizia di reato alla competente Procura per alcune violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante di una società.

Ne conseguivano due procedimenti penali che venivano definiti uno con archiviazione e l’altro con sentenza di non doversi procedere perché il fatto non sussiste.

Il contribuente a causa di tali processi subiva devastanti ripercussioni sulla salute e sulla vita lavorativa e sociale, tanto da promuovere un’azione risarcitoria nei confronti dell’Agenzia e dei due verificatori.

In particolare, secondo l’interessato i funzionari avevano commesso dei grossolani errori in assenza dei quali non ci sarebbe stata alcuna conseguenza penale.

Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria rilevando che l’esito dei due giudizi penali, favorevoli al contribuente, non fosse di per sé sufficiente per giustificare la richiesta.

La sentenza veniva impugnata in Corte di appello, che in riforma della pronuncia di prime cure, accoglieva il gravame disponendo il risarcimento dei danni non patrimoniali.

L’agenzia delle Entrate e i funzionari ricorrevano in Cassazione lamentando un’errata applicazione della norma.

Secondo la tesi erariale, la comunicazione della notizia di reato alla competente Procura della Repubblica è un atto dovuto per i pubblici ufficiali (articolo del 331 Codice di procedura penale) in presenza di violazioni di rilevanza penale.

In ogni caso, i funzionari evidenziavano che l’asserito errore lamentato dal contribuente non fosse così palese, tanto che nell’ambito del processo penale, era stata necessaria una consulenza tecnica.

La Cassazione ha innanzitutto rilevato che l’attività della pubblica amministrazione anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario di non offendere nessuno (articolo 2043 del Codice civile).

Il giudice deve accertare se ci sia stato da parte pubblica un comportamento doloso o colposo che in dispregio di tale norma e di tale principio abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo.

I principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione (articolo 97 della Costituzione) si pongono infatti quali limiti alla discrezionalità dell’attività della Pubblica amministrazione.

Nella specie, i funzionari dell’Agenzia non erano (ovviamente) responsabili per la mera presentazione della denuncia (trattandosi di atto dovuto), ma per le risultanze dei loro accertamenti atteso che, se fossero stati effettuati correttamente, non avrebbero indotto il Pm ad esercitare l’azione penale.

La decisione è interessante perché sollecita un obbligo di correttezza in capo ai verificatori. Non di rado vi è la convinzione che l’invio della comunicazione di reato alla Procura possa quasi deresponsabilizzare il pubblico ufficiale che l’ha inoltrata.

Vi è da sperare che la potenziale richiesta risarcitoria in capo ai singoli funzionari degli eventuali danni (che devono essere dimostrati da chi li ha patiti) possa far soprassedere da atteggiamenti talvolta superficiali a seguito dei quali l’interessato può subire gravi ripercussioni negative.

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