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Anche il prelievo abusivo di energia elettrica è soggetto a Iva

Per la Corte Ue l’imposta scatta se la somma imputata a chi si allaccia abusivamente è fatturata a consumo e anche se il gestore è una amministrazione pubblica

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza resa nella causa C-677/21 del 27 aprile 2023, ha chiarito che il prelievo illegale di energia elettrica rappresenta una cessione a titolo oneroso imponibile ai fini Iva, qualora la somma da pagare a norma di legge sia configurata in funzione del consumo. In particolare, il gestore della rete di distribuzione esercita un’attività economica anche in relazione all’energia elettrica illegalmente consumata, in quanto tale evenienza rientra nel rischio della propria attività che integra il presupposto soggettivo dell’Iva. Ciò anche laddove l’attività venga svolta da un ente di diritto pubblico che agisce come pubblica amministrazione.

Il caso

L’erogazione di energia elettrica in Belgio avviene tramite il gestore della rete di distribuzione, soggetto giuridico di diritto pubblico. Tale persona giuridica ha citato in giudizio un privato in quanto non ha corrisposto il dovuto per il consumo di energia elettrica nel periodo dal 7 maggio 2017 e il 7 agosto 2019.

L’importo, comprensivo di interessi di mora e giudiziali, della fornitura è stato fatturato dal gestore al privato, in quanto quest’ultimo ha usufruito del prodotto energetico nel periodo in parola, anche senza che avesse stipulato un nuovo contratto con un nuovo fornitore e senza avere in precedenza ricevuto una comunicazione di risoluzione contrattuale dal precedente fornitore. Sicché il gestore ha fatturato il prelievo di energia, illegalmente attuato dal soggetto privato.

Sul punto, la normativa belga nulla rileva in ordine alla assoggettabilità ad Iva delle somme oggetto di prelievo illegale di energia elettrica, prevedendo unicamente che il consumo di energia elettrica, registrato o meno, come conseguenza di un prelievo illegale è addebitato dal gestore di distribuzione della rete all’utente finale.

Secondo il gestore, l’ addebito è soggetto ad Iva, costituendo una cessione imponibile, ossia ponendo in essere il trasferimento della proprietà di un bene e il conseguente diritto a disporre dello stesso come proprietario a fronte del pagamento di un’indennità, in forza di un’espropriazione compiuta dalla pubblica amministrazione o in suo nome e, più in generale, sulla base di una legge, di un decreto, di un’ordinanza, di una decisione o di un regolamento amministrativo.

La decisione

La Corte di Giustizia, ribadito che l’attività di fornitura di energia elettrica integra una cessione di beni, ha precisato che la cessione di energia elettrica da parte di un gestore di un sistema di distribuzione, ancorché involontaria e frutto della condotta illecita di un terzo, costituisce un’attività economica effettuata da tale gestore in quanto traduce un rischio inerente alla sua attività di gestore di un sistema di distribuzione di energia elettrica.

Anche supponendo che tale attività economica sia esercitata da un ente di diritto pubblico che agisce in qualità di pubblica amministrazione, una siffatta attività, può essere considerata trascurabile solo se essa è di portata minima, nello spazio e nel tempo e, di conseguenza, ha un impatto economico talmente lieve che le distorsioni della concorrenza che ne possono derivare sarebbero, se non nulle, quantomeno insignificanti.

Tale circostanza non ricorre laddove vi sia una regolamentazione delle conseguenze amministrative e pecuniarie dei prelievi illeciti, che evidenzia il carattere significativo degli stessi. Di conseguenza, tali previsioni escludono che possa sussistere una attività a carattere trascurabile e quindi il consumo illecito di energia elettrica deve essere assoggettato ad Iva.