Imposte

Deve essere riallineata la classificazione per le attività esenti

L’agevolazione per il socio sanitario deve tener conto delle imprese socialil

di Gabriele Sepio

Con la delega fiscale si apre la possibilità di riordinare la disciplina Iva degli enti del terzo settore (Ets) a partire dalle attività che rientrano nel regime di esenzione.

Un primo problema da risolvere riguarda proprio l’articolo 10 del Dpr 633/1972 dove sono regolate diverse fattispecie attratte in regime di esenzione qualora le attività siano svolte anche dalle Onlus. Pensiamo, soltanto per fare un esempio, alle prestazioni educative e dell’infanzia, di ricovero e cura e quelle di carattere socio-sanitario. Ebbene solo successivamente al vaglio della UE sulle nuove misure fiscali introdotte dalla riforma del terzo settore il termine Onlus sarà sostituito con quello di «enti del terzo settore non commerciali». Tale aspetto genera attualmente un primo problema giacché il registro unico (Runts) è già operativo e sono numerosi ormai le realtà con qualifica di Ets che, pur svolgendo le attività indicate all’articolo 10, ad oggi non sono Onlus. Tra cui, paradossalmente, anche le stesse Onlus che nel frattempo sono diventate Ets iscrivendosi nel Runts.

Per queste dunque, in assenza di coordinamento, spunta il rischio di non poter accedere al regime di esenzione, specie per alcune attività ove è rilevante il profilo soggettivo (pensiamo a quelle socio-sanitarie). Ebbene un primo passo da compiere, per fornire maggiore certezza agli operatori, dovrebbe essere quello di consentire immediatamente, anche nelle more dell’autorizzazione UE, la possibilità di applicare le ipotesi di esenzione di cui all’articolo 10, comma 1, n. 15, 19, 20, 27 ter anche agli «Ets non commerciali».

Altro aspetto da “risolvere” riguarda il requisito soggettivo previsto per lo svolgimento delle prestazioni socio-sanitarie e di assistenza domiciliare o ambulatoriale in regime di esenzione (articolo 10, n. 27 ter) a oggi riservato, tra gli altri, agli enti aventi finalità di assistenza sociale e alle Onlus (in seguito al vaglio UE «ETS non commerciali»). Stando all’orientamento restrittivo delle Entrate (risposta n. 388 e 475 del 2021), il regime in esame verrebbe precluso alle imprese sociali, le quali pur essendo Ets, mancherebbero della qualifica «non commerciale». In sostanza anche se le imprese sociali, come rilevato dalla Corte di cassazione (29105/21), possono qualificarsi come enti aventi finalità assistenziali (compatibili, quindi, anche con la natura di soggetto commerciale) non avrebbero, secondo l’Agenzia, possibilità di accedere al regime di esenzione in virtù della riserva espressa, introdotta dalla riforma del terzo settore, a favore degli enti non commerciali.

Un tema che si porrà anche per le tante Onlus che, a seguito della chiusura della relativa anagrafe, con l’iscrizione nel Runts opteranno per la sezione impresa sociale. Da qui una soluzione potrebbe essere quella di intervenire all’articolo 10, n. 27 ter prevedendo la sostituzione dell’acronimo Onlus con il termine Ets, senza alcuna specifica limitazione legata alla natura commerciale o meno del soggetto, in coerenza peraltro con quanto indicato sul punto anche dalla Corte di giustizia.

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