Imposte

Cooperative compliance, le attese del mercato

di Marco Miccinesi

L’incontro organizzato il 27 marzo scorso dall’Università Cattolica ha confermato che il regime d’adempimento collaborativo – cooperative compliance – avrà una dirompente forza innovativa.

Rappresenta per il direttore dell’Agenzia, Rossella Orlandi, la scommessa delle istituzioni su un rinnovato patto di fiducia fra contribuente e Amministrazione finanziaria. Patto che la Guardia di Finanza, con le parole del comandante Giuseppe Vicanolo, ribadisce di voler rispettare, operando in concerto con le Entrate. Le imprese si attendono una preventiva stabilità sul regime fiscale che il Direttore Assonime, Ivan Vacca, ha sintetizzato nel superamento delle inestricabili incertezze interpretative; e la riflessione dell’economista Marina Brogi è nel senso della straordinaria rilevanza di un simile risultato per la capacità di attrarre investimenti.

Dunque, grandissime aspettative. Forte l’impatto che l’istituto potrà avere, forti le esigenze cui deve rispondere.

La prima proviene dal mercato: il concetto di tax risk management risponde al bisogno di ripristinare la fiducia degli investitori (caso Enron, 2002), salvaguardando la reputazione dell’impresa. Solo apparentemente può sorprendere che sia stato il mercato a innescare il miglioramento degli strumenti di compliance fiscale: basta pensare all’incidenza devastante della evasione fiscale sulla libertà di concorrenza per capire che il rispetto delle regole tributarie è essenziale per la tutela delle imprese e dei risparmiatori cui si rivolgono. Occorre poi puntare su collaborazione e trasparenza per superare il gap conoscitivo che la complessità sempre maggiore dei fenomeni economici determina a carico delle autorità fiscali. Non a caso il primo pilastro della cooperazione rafforzata indicata dall’Ocse nel 2008 è la comprensione dei driver commerciali delle aziende.

Il giurista inizia a intravedere i principi che rilevano.

Collaborazione e trasparenza richiamano le categorie della buona fede e dell’affidamento. D’altro canto il processo di disvelamento richiesto al contribuente si coniuga con un diverso esercizio dei poteri istruttori, anticipato e non rivolto a fini repressivi.

Il patto tra contribuente e fisco è una scelta condivisa: il contribuente mette a disposizione il quadro informativo e assicura un efficace presidio interno di prevenzione del rischio fiscale. Il fisco, contando su ciò, capovolge la modalità di cura dell’interesse pubblico, sostituendo la funzione di controllo repressivo con quella d’indirizzo preventivo.

Solo la funzione d’indirizzo giustifica l’efficacia vincolante che avranno gli accordi di adempimento collaborativo.

L’accertamento anticipato e condiviso non è mai negoziazione del credito. La regola individuata e condivisa vincola non per effetto negoziale, ma per la forza legale che assiste la funzione pubblica attuativa del paradigma normativo. Il risvolto è la motivazione di tutta la procedura, che assicura il controllo sul corretto espletamento della funzione di indirizzo.

Per assicurare la legalità dell’imposizione la mediazione fra legge e attuazione dell’obbligazione tributaria deve attestarsi pur sempre sul piano dell’accertamento. L’accertamento, per quanto complesso, non è mai scrittura della regola che fonda e delimita il prelievo. Semmai la regola dovrà essere sempre più semplice e chiara nei principi che sottende e attua, scevra dalla tentazione di analitica esaustività, che non è la vera risposta al bisogno di certezza.

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