Imposte

Prezzi di trasferimento, confini da definire sui requisiti soggettivi

La Cassazione fa riferimento a una circolare del 1980, i cui principi sono stati rivisti. Nel Dm 2018 la definizione aggiornata di imprese associate ai fini del Tp

ADOBESTOCK

di Massimo Bellini e Enrico Ceriana

Con la sentenza 15668/2022 la Corte di cassazione è tornata a esprimersi su alcuni temi riguardanti i prezzi di trasferimento. Tra questi vi è il presupposto soggettivo di applicazione dell’articolo 110, comma 7, del Tuir, secondo cui le società coinvolte devono essere «imprese associate». La posizione della Corte va in continuità con altre pronunce che meritano alcune considerazioni.

La controversia riguarda una joint venture partecipata al 50% da una società italiana e al 50% da un soggetto non residente. Secondo la Cassazione, la Commissione tributaria regionale aveva correttamente individuato la sussistenza del presupposto soggettivo nella circostanza che la società estera esercitava un controllo indiretto sull’impresa italiana, essendo unica fornitrice di quest’ultima.

I requisiti soggettivi

Nel discutere i requisiti soggettivi, la Cassazione fa riferimento ai contenuti della circolare dell’agenzia delle Entrate n. 32 del 1980. Tuttavia tali principi sono stati sostituiti dal Dm del 14 maggio 2018, che contiene le linee guida per l’applicazione dell’articolo 110, comma 7, del Tuir. Infatti, se in precedenza la circolare 32/1980 prevedeva che la definizione di controllo ai fini dei prezzi di trasferimento dovesse «andare ben oltre i vincoli contrattuali od azionari, sconfinando in considerazioni di fatto di carattere meramente economico», il Dm del 2018 ha ristretto il campo di applicazione della normativa in esame ai casi di:

1 partecipazione superiore al 50% al capitale, diritti di voto o utili;

2 oppure influenza dominante sulla gestione di un’impresa in base a vincoli azionari o contrattuali.

Si potrebbe obiettare che, essendo l’anno oggetto della controversia (esercizio 2005) antecedente all’entrata in vigore del Dm del 2018, sarebbero applicabili le precedenti indicazioni della circolare 32/1980.

Ma questa spiegazione non sembra convincente per due motivi. Innanzitutto, è la stessa Cassazione 15668/22 a citare il Dm 2018 con riferimento a un altro tema trattato nella sentenza stessa (la selezione del metodo di transfer pricing). In aggiunta, la definizione di imprese associate contenuta nelle linee guida Ocse – che rappresentano il punto di riferimento della normativa domestica – non è cambiato rispetto all’anno 2005 cui si riferisce la sentenza. In altri termini, sembra corretto sostenere che la definizione di imprese associate fornita dal Dm del 2018 non rappresenta una nuova interpretazione del presupposto soggettivo di applicazione della normativa Tp, ma semplicemente fornisce una definizione più in linea con l’Ocse rispetto a una circolare di quaranta anni fa che commentava i contenuti delle linee guida del 1979. Per cui i contenuti del Dm 2018 dovrebbero essere applicabili anche agli anni ante 2018, come già peraltro sostenuto dalla giurisprudenza (si veda ad esempio la Ctp Milano 5445/3/18). Non vi dovrebbero invece essere dubbi circa l’applicazione per gli anni successivi all’entrata in vigore del decreto.

I vincoli contrattuali

Un ulteriore punto di discussione potrebbe essere l’esistenza di influenza dominante sulla base di vincoli contrattuali, nei casi – come quello in esame – in cui non vi sia un rapporto commerciale di esclusiva (ad esempio, unico fornitore). Anche questa ipotesi dovrebbe comunque essere argomentata in maniera esauriente da parte dei verificatori.

La valutazione del presupposto soggettivo non può essere esclusivamente basata sulla mera considerazione che il contribuente ha un unico fornitore o un unico cliente. L’influenza dominante dovrebbe essere infatti dimostrata in base al contenuto delle relazioni contrattuali e a una verifica fattuale dell’effettiva ingerenza di un’impresa nella gestione di un’altra (ad esempio, definizione delle strategie, delle politiche commerciali, fissazione dei prezzi a clienti terzi, eccetera), che dev’essere costante nel tempo e non legata a singole decisioni o azioni, come peraltro riconosciuto dalla stessa circolare 32/1980. Altrimenti si finirebbe per considerare aprioristicamente imprese associate società che sono totalmente indipendenti: si pensi ad esempio a tutte le reti di franchising, dealer indipendenti che operano sul mercato, eccetera.

Del resto è la stessa Cassazione a prevedere che nelle verifiche di transfer pricing la prova gravante sull’amministrazione finanziaria «riguarda solo l’esistenza di transazioni tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale» (Cassazione 9615/2019, 9673/2018, 27108/2017, 7493/2016 e 18392/2015).

IN SINTESI

La «vecchia» circolare
La valutazione del presupposto soggettivo da parte della Cassazione nella sentenza 15668 del 2022 è basata sulla circolare 32/1980 delle Entrate. Secondo la quale (paragrafo 4, capitolo 1) il concetto di controllo rilevante ai fini di transfer pricing non coincide con quello dell’articolo 2359 del Codice civile ma si estende a ogni ipotesi di influenza economica, potenziale o attuale, desumibile dalle singole circostanze: tra cui la vendita in esclusiva o l’impossibilità di funzionamento di un’impresa senza il capitale, i prodotti e la cooperazione tecnica dell’altra. Pertanto, l’interpretazione deve essere elastica e cogliere l’influenza di un’impresa sulle decisioni imprenditoriali dell’altra.

Il decreto e la giurisprudenza
Questa interpretazione “ampia” del concetto di controllo è stata rivista dal Dm del 2018. Ma la giurisprudenza (di merito e di legittimità) in molti casi fa ancora riferimento alla circolare stessa. Di recente la Ctr Milano 1011/21/2022 ha sostenuto che il riferimento del Dm 2018 all’influenza dominante è in “armonia” con la circolare 32/80, poiché presuppone un controllo sostanziale la cui base sono i vincoli societari o contrattuali ma non in via esclusiva. Si tratta di una posizione non condivisibile e non sorretta dal dato letterale.

Il campo ristretto
Nella bozza del Dm si parlava di «influenza dominante che una persona o un’impresa ha sulle decisioni commerciali o finanziarie di un’altra impresa». Concetto ampio e di non facile interpretazione. La modifica sembra indicare la volontà di restringere il campo ai vincoli derivanti da rapporti partecipativi o contrattuali. Sul concetto di controllo, si vedano: Cassazione 8130/16, 27018/17, 11053/21 e 18346/21; Ctr Bari 2691/7/17; Ctr Milano 2267/21/21 e 2749/11/20.

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