Controlli e liti

Utili in nero distribuiti senza scomputo

La distribuzione si presume avvenuta nel periodo in cui sono stati conseguiti

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Continua la linea dura della Cassazione sulle società a ristretta base partecipativa. La sentenza 21487 conferma che la distribuzione ai soci degli utili extra contabili si presume avvenuta nello stesso periodo in cui gli utili sono conseguiti. Inoltre, la distribuzione degli utili “in nero” non può che riguardare i soggetti che al 31 dicembre del periodo d’imposta accertato rivestivano la qualifica di socio.

È così disatteso il fatto che dall’importo accertato in capo ai soci devono essere dedotte le maggiori imposte dovute dalla società in conseguenza della rettifica. Secondo la Corte, trattandosi di utili in nero «non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che non v’è stata, non avendoli la società mai dichiarati». Tuttavia, è questo il punto. Gli uffici trasferiscono ai soci (come «utili in nero») lo stesso imponibile accertato in capo alla società, senza scomputare le maggiori imposte accertate nei confronti di quest’ultima.

È chiaro, però, che l’«utile» percepito dai soci può essere presuntivamente considerato tale soltanto se viene depurato dalle imposte gravanti sulla società in relazione al maggiore reddito accertato nei confronti della stessa. Altrimenti l’accertamento effettuato sui soci per lo stesso imponibile accertato alla società assume la connotazione di un maggiore reddito d’impresa attribuito per trasparenza ai soci. Non si tratterebbe, quindi, di un reddito di capitale. Così che l’accertamento eseguito nei confronti dei soci, senza scomputare le maggiori imposte accertate nei confronti della società, appare illegittimo in quanto effettuato in dispregio alle specifiche norme (articoli 5 e 116 del Tuir) che stabiliscono l’attribuzione ai soci di un reddito d’impresa per trasparenza.

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