Imposte

Fondi investimento extra Ue discriminati sui dividendi

Si applica ancora la ritenuta del 26% a differenza dei fondi nazionali. Per la Corte Ue trattamento non legittimo. L’ipotesi della richiesta di rimborso

di Davide Settembre

I fondi di investimento extra Ue che percepiscono dividendi di fonte italiana continuano a essere discriminati rispetto a quelli nazionali, in violazione del principio comunitario di libera circolazione dei capitali. Infatti, i dividendi conseguiti da tali fondi subiscono una ritenuta del 26% a differenza di quelli percepiti dai fondi nazionali che, peraltro, non scontano alcuna imposizione (anche sui dividendi) in quanto sono esonerati dalle imposte sui redditi a patto che essi (o il loro gestore) siano soggetti a vigilanza prudenziale.

I dividendi dei fondi Ue o See

Un tema di discriminazione si è posto anche per i dividendi percepiti dai fondi di investimento comunitari (o See) fino al 31 dicembre 2020, dal momento che anch’essi subivano una ritenuta del 26% a differenza di quelli nazionali. Alla luce dei principi stabiliti dalla Corte di giustizia Ue, tale disciplina rappresentava una ingiustificata violazione del principio comunitario di libera circolazione dei capitali (si veda, tra le altre, la sentenza Santander Asset Management SGIIC SA, cause riunite C-338/11 e C-347/11). La Commissione avviò così una indagine investigativa presso le autorità italiane (Eu pilot 8105/15/Taxu).

Il trattamento fiscale dei dividendi conseguiti, a decorrere dal 1° gennaio 2021, dai fondi di investimento istituiti in uno Stato dell’Unione europea e in Stati dello Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni, è stato quindi allineato a quello dei dividendi percepiti dai fondi di investimento residenti.

In particolare, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 178/2020, l’articolo 27, comma 3, del Dpr 600/1973 prevede ora che non sono assoggettati a ritenuta i dividendi percepiti da tali fondi di investimento che siano conformi alla direttiva 2009/65/Ce del Parlamento europeo del 13 luglio 2009 e del Consiglio, e anche non conformi alla direttiva, ma il cui gestore sia soggetto a vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/Ue (risposta a interpello 327 del 2021).

Tale disposizione, come si evince anche dalla relazione illustrativa, è stata introdotta proprio al fine di superare il trattamento fiscale discriminatorio dei dividendi percepiti dai suddetti fondi di investimento comunitari (o See) rispetto a quello dei dividendi percepiti dai fondi nazionali.

I dividendi dei fondi extra Ue

Tale regime di esenzione non è stato invece esteso, come sarebbe stato auspicabile, ai dividendi percepiti dai fondi di investimento istituiti in Stati terzi, che continuano a essere assoggettati alla ritenuta del 26 per cento. Pertanto, il trattamento fiscale dei dividendi percepiti da tali fondi risulta essere ancora discriminatorio rispetto a quello dei dividendi percepiti dai fondi nazionali, per violazione del principio comunitario di libera circolazione dei capitali.

Occorre in tal senso osservare che, sulla base di quanto stabilito dalla Corte di giustizia Ue, tale trattamento discriminatorio è incompatibile con il diritto Ue anche quando il fondo percettore sia costituito in uno Stato extra Ue, a condizione che tra lo Stato di residenza della società che distribuisce il dividendo e quello del beneficiario sia in vigore una convenzione che consenta alle amministrazioni finanziarie nazionali un adeguato scambio di informazioni (sentenza Emerging Market Series del 10 aprile 2014, causa C-190/12). Pertanto, tali fondi (ad esempio, quelli residenti in Svizzera e ora anche nel Regno Unito), sulla base delle riferite argomentazioni, potrebbero presentare una richiesta di rimborso delle ritenute assolte entro 48 mesi dalla data di pagamento del dividendo.

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