I temi di NT+Le parole del non profit

Terzo settore, senza iscrizione al Registro unico niente acronimo per il codice fiscale

Scatta una sanzione amministrativa da un minimo di 2.500 euro a un massimo di 10mila euro in caso di utilizzo illegittimo dell’indicazione di Ets, Aps o Odv

di Gabriele Sepio

Se manca l’iscrizione nel Registro unico del Terzo settore è vietato aggiungere l’acronimo in sede di richiesta del codice fiscale. Queste le indicazioni fornite dell’Amministrazione finanziaria con riguardo a tutte quelle realtà che, a seguito della costituzione, stanno procedendo agli adempimenti necessari, ivi inclusa la richiesta del codice fiscale. Chiarimenti non di poco rilievo, specie in questa fase in cui – con l’avvio del Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) –sono diversi gli enti sorti per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che stanno compiendo tutti gli step necessari per arrivare ad assumere la qualifica di ente del Terzo settore (Ets).

Sul punto va, tuttavia, considerato che l’attribuzione del codice fiscale avviene in un momento antecedente a quello di iscrizione dell’ente nel Runts. Ciò anche nel presupposto che trattasi di un dato obbligatorio da comunicare in piattaforma per la presentazione dell’istanza. In assenza di iscrizione nel Registro unico, l’ente non può ancora qualificarsi come Ets e non può avvalersi di questo acronimo nelle comunicazioni coi terzi, ivi inclusa la richiesta del codice fiscale o di variazione dati. Si tratta di una posizione restrittiva dell’Agenzia che risponde all’esigenza di impedire, da un lato, che gli enti possano avvalersi di particolari qualifiche – cui sono ricollegati specifici benefici fiscali – in mancanza dell’iscrizione nei relativi Registri. Dall’altro, come già chiarito in precedenti orientamenti relativi alla diversa tipologia delle Onlus, per evitare che gli Uffici dell’Agenzia possano adottare documenti attestanti il possesso di tale qualifica, pur in assenza dell’iscrizione, e utilizzati impropriamente verso terzi (circolare 14/E del 2003).

L’impostazione dell’Amministrazione risulta, peraltro, in linea con l’impianto normativo delineato dalla riforma del Terzo settore. L’iscrizione nel Registro unico del Terzo settore ha infatti efficacia costitutiva ai fini dell’acquisto della qualifica di Ets e, solo a decorrere dal perfezionamento dell’iscrizione, l’acronimo di Ets può essere utilizzato dagli enti verso terzi. In caso di violazione, è lo stesso Codice del Terzo settore che sanziona chiunque utilizzi illegittimamente l’indicazione di ente, di associazione di promozione sociale (Aps) o organizzazione di volontariato (Odv) o i corrispondenti acronimi (articolo 91, comma 3, del Cts).

In particolare, scatta una sanzione amministrativa – per un ammontare che va da un minimo pari a 2.500 euro a un massimo di 10mila euro – in caso di utilizzo illegittimo dell’indicazione di Ets, Aps o Odv. Con un raddoppio in termini sanzionatori ove l’illegittimo uso sia finalizzato ad ottenere da terzi l’erogazione di denaro o altre utilità.

A livello operativo, per evitare rischi, la richiesta di attribuzione del codice fiscale non dovrà dunque contenere l’acronimo Ets (o Aps/Odv). Resta in ogni caso ferma la possibilità per l’ente di integrare la denominazione sociale in un momento successivo, comunicando la variazione all’amministrazione finanziaria, al perfezionamento dell’iscrizione nel Runts.