Controlli e liti

La frode del fornitore non contagia tutti i clienti in modo automatico

di Massimo Sirri e Riccardo Zavatta

Non regge la tesi per cui il fornitore coinvolto in una frode carosello e quello che abbia ricevuto fatture per operazioni inesistenti altro non potrebbero fare se non diffondere lo stesso “male” a tutti coloro con cui entrano in contatto, con l’effetto che anche le fatture emesse da detti fornitori dovrebbero inserirsi in un circuito fraudolento e, in definitiva, qualificarsi come relative a operazioni oggettivamente inesistenti. Così non è secondo la sentenza 3641/7/2021 della Ctp Milano (presidente e relatore Mainini), la quale, sostituendosi all’ufficio accertatore nello svolgimento del vaglio critico degli elementi meramente indiziari raccolti in istruttoria, evidenzia come questi siano privi di valore probatorio e, in realtà, «senza fondamento e indimostrati». Soprattutto, se messi a confronto con la struttura della cliente (ricorrente in giudizio), con le rigorose procedure di selezione e verifica dei fornitori e gli accurati protocolli di acquisizione documentale (certificazioni-autorizzazioni), nonché con i controlli fisici e contabili che caratterizzano l’intero processo di approvvigionamento. Tutti presidi di regolarità e correttezza dei comportamenti che, peraltro, sarebbero assai difficilmente aggirabili nell’ambito di un’organizzazione aziendale delle dimensioni di quella della contribuente, se non con il coinvolgimento di un numero di dipendenti tale «da rendere impraticabile la sola eventualità». In conclusione, il collegio mette in luce l’inconsistenza e la stessa verosimiglianza delle costruzioni accusatorie (che talora connotano questa tipologia d’accertamenti), evidenziando altresì la disinvoltura con la quale, nel caso di specie, l’ufficio ha trasformato «inspiegabilmente e senza avvio di ulteriori indagini o prove» una possibile contestazione (almeno per uno dei fornitori) d’inesistenza soggettiva in un rilievo per utilizzo di fatture relative a operazioni oggettivamente inesistenti, inserite in un accordo fraudolento. Il che porta a sottolineare come la natura della contestazione sia destinata a riflettersi sull’onere probatorio degli uffici e sugli strumenti a disposizione della difesa. Se si discute d’inesistenza soggettiva, occorre far valere la propria buona fede e diligenza. Se il rilievo concerne l’inesistenza oggettiva dell’operazione (inserita o meno in un carosello), il fisco può ricorrere a presunzioni, ma devono essere gravi, precise e concordanti. Nelle frodi in cui la merce è effettivamente acquistata, ma qualcuno non versa l’Iva, non può parlarsi di operazioni inesistenti. Rileva però la conoscenza-conoscibilità della frode. Nel caso di specie, la prima non è stata provata, nemmeno per presunzioni, e la seconda stride apertamente con la normale diligenza del cessionario.

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