Controlli e liti

Maggiori ricavi accertati dal Fisco, incidenza dei costi a largo raggio

La Consulta e la Cassazione aprono a una deduzione estesa dei costi sostenuti. La prova presuntiva contraria non va limitata alle sole indagini finanziarie

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

In caso di accertamento analitico induttivo di maggiori ricavi occorre tenere conto dell’incidenza percentuale dei relativi costi, che vanno detratti dai maggiori componenti positivi di reddito. Questo nel caso di rettifica derivante dalle indagini finanziarie. Così si sono espresse recentemente la Corte costituzionale (sentenza 10/2023) e la Corte di cassazione (ordinanze 5586/2023 e 6874/2023).

La questione che adesso si pone, però, è se tali conclusioni possano essere estese anche a vicende che non traggono origine da indagini finanziarie.

Le pronunce della Consulta

La Consulta, con sentenza 31 gennaio 2023, n. 10, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, sollevata dalla Ctp di Arezzo circa la previsione dell’articolo 32 del Dpr 600/1973, nella parte in cui consente di stabilire che i prelievi non giustificati dell’imprenditore sono considerati maggiori ricavi.

La Corte costituzionale ha ricordato, in particolare, il proprio precedente del 2005 (sentenza n. 225) in cui, nel dichiarare la non fondatezza di analoga questione di legittimità costituzionale, ha precisato che in caso di accertamento induttivo “puro” scaturente da prelievi bancari non giustificati da parte dell’imprenditore occorre tenere conto «della incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati».

La Consulta prende ora atto, però, che il sistema risulterebbe irragionevole se la deduzione dei costi a fronte dei maggiori ricavi fosse riconosciuta soltanto in caso di accertamento induttivo puro. Ne risulterebbe che chi ha tenuto una contabilità sostanzialmente regolare non potrebbe portare in deduzione i costi sostenuti per produrre i maggiori ricavi, riconoscendo tali possibilità, invece, soltanto a chi ha omesso qualsiasi contabilità o ne ha tenuto una inattendibile oppure ha omesso la presentazione della dichiarazione.

La «ripresa» della Cassazione

In definitiva, secondo la pronuncia 10/2023 della Consulta, la disposizione dell’articolo 32 del Dpr 600/1973 relativa ai prelievi non giustificati si sottrae alle censure mosse qualora il contribuente «possa sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la incidenza percentuale dei costi relativi che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati (sentenza n. 225 del 2005)».

Tali conclusioni sono state prontamente recepite dalla Corte di cassazione, la quale con ordinanza 5586/2023 ha stabilito che nella rideterminazione analitico induttiva di maggiori ricavi, derivanti da prelievi bancari non giustificati, occorre riconoscere «una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai ricavi accertati, avvalendosi anche – se del caso – dell’ausilio di consulenza tecnica d’ufficio» (nello stesso senso, l'ordinanza 6874/23).

Le conseguenze

Il fatto è che si tratta di capire se le conclusioni dei giudici possono valere per ogni tipologia di rettifica o solamente quando la stessa origina da indagini finanziarie. Occorre rilevare che la Corte costituzionale ha affrontato la questione unicamente in riferimento alla disposizione dei prelievi bancari non giustificati. La quale – va ricordato – si basa sul seguente ragionamento: se non si è in grado di dare giustificazione dei prelievi, vuol dire che con essi si sono effettuati degli acquisti in nero che, a loro volta, hanno originato dei ricavi in nero (tale inferenza venne introdotta, come ricorda la Consulta, all’epoca dell’abrogazione del segreto bancario in Italia).

Tuttavia, si nota che la Cassazione, quando con l’ordinanza 5586/2023 prende atto delle conclusioni della Consulta n. 10/2023, lo fa inizialmente (paragrafo 12.1) in termini generali (pur derivando la questione specifica da indagini bancarie): ammette che fino a qui l’orientamento è stato di riconoscere l’incidenza dei costi non documentati solamente in caso di accertamento induttivo puro, a prescindere dalle fonti d’innesco. Questo porterebbe al doveroso riconoscimento, in termini generali, dei costi non documentati in relazione ai maggiori ricavi accertati, tutte le volte che l’ammontare complessivo di questi ultimi viene determinato in via presuntiva.

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