Professione

Distilli: «Il welfare attivo delle Casse è una risorsa sociale da tutelare»

di Maria Carla De Cesari

Il welfare a favore dei professionisti, per aumentare i redditi, rendere adeguate le pensioni future e creare nuove opportunità di lavoro professionale, può essere la buona moneta per risolvere la questione della tassazione, il 26% sugli investimenti e poi il prelievo Irpef sulle prestazioni, che da anni contrappone Casse di previdenza private e Governo. Ne è convinto Stefano Distilli, presidente della Cassa di previdenza dottori commercialisti.

«Va posto l’accento sulla funzione sussidiaria delle Casse private. Il welfare attivo creato dagli enti di previdenza - afferma Distilli - è una risorsa sociale, non solo per i professionisti».

«Nei programmi elettorali - continua Distilli - alcuni partiti pongono l’accento sulla necessità di interventi per incentivare la previdenza complementare. Si sottolinea, per esempio, l’obiettivo di eliminare la tassazione del 20% sugli investimenti. Noi, che gestiamo la previdenza obbligatoria, sembriamo figli di un dio minore, siamo quasi dimenticati. Eppure sarebbe già un passo avanti una tassazione del 20% invece che del 26».

Eppure, al di là della resistenza dei luoghi comuni, la percezione della politica rispetto ai professionisti è iniziata a cambiare?

In parte è cambiata. E gli aiuti durante l’emergenza, seppure parziali, sono la prova. La sensibilizzazione da parte delle Casse e dell’Adepp (l’associazione di categoria) è stata continua. Per prima cosa occorre allontanare il rischio di ripubblicizzazione latente. Come ha sottolineato il professor Sabino Cassese, che è l’artefice della privatizzazione, alla luce della funzione costituzionale, alle Casse deve essere garantita autonomia organizzativa, gestionale e finanziaria. L’autonomia deve assicurare, da parte delle Casse, un’azione responsabile. I controlli devono essere mirati, senza sovrapposizioni.

La crisi demografica costituisce un elemento molto rischioso per le Casse che sono universi ristretti, dove gli squilibri possono essere enfatizzati. È preoccupato?

Se guardiamo il problema da due lenti, da quella categoriale vediamo l’immagine di una professione che tiene le posizioni: le dinamiche dei nuovi iscritti sono positive così come quelle reddituali. Dall’altra lente, la situazione demografica generale è molto difficile. In questo quadro, lavoriamo per garantire la sostenibilità della Cassa: i nostri bilanci tecnici sono molto prudenti e a posteriori i risultati sono migliori rispetto alle ipotesi. Sul fronte della sostenibilità abbiamo un monitoraggio costante sulle dinamiche demografiche, con adeguamenti biennali dell’aliquota di trasformazione dei montanti contributivi in assegni pensionistici. In questo modo evitiamo squilibri e brusche manovre sugli assegni.

Da tempo avete messo in cantiere interventi per favorire i giovani: contributi a fondo perduto e premi per migliorare l’adeguatezza delle prestazioni. C’è sinergia con il Consiglio nazionale?

Dopo le vicende degli ultimi due anni finalmente abbiamo una governance di categoria. Nel rispetto delle competenze e dei rispettivi ambiti lavoreremo per ampliare e supportare la professione.

Nel pacchetto di delibere che avete approvato a luglio ci sono nuovi interventi per l’adeguatezza delle prestazioni.

Con il passaggio al calcolo contributivo abbiamo cercato di incentivare chi versa di più riversando sui montanti individuali una quota crescente del contributo integrativo. I risultati sono positivi. L’aliquota soggettiva obbligatoria è del 12%, ma quella media è del 13,5. Va sottolineato che i giovani versano circa il 14 per cento. Ora abbiamo aggiunto un ulteriore tassello, con un premio fino al 4% per chi versa un contributo dal 18 al 22 per cento.

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