Adc: applicazione estesa dell’equo compenso
L’associazione dottori commercialisti chiede di ampliare l’ambito applicativo della misura in discussione
La proposta di legge sull'equo compenso per i professionisti - prima firmataria Giorgia Meloni - attualmente in discussione alla Camera, abbraccia un principio giusto ma ha diverse criticità. È quanto ha scritto lunedì 11 ottobre l'Adc (Associazione dottori commercialisti) alla leader di Fratelli d'Italia attraverso una lettera aperta.
Tra i principali problemi della proposta (AC 301) c'è l'ambito di applicazione, che la norma limita ai contratti convenzionali con la Pa (escluse le partecipate) e con i cosiddetti contraenti forti. L'Adc sottolinea che molti professionisti lavorano attraverso rapporti non convenzionali, escluderli dalla tutela dell'equo compenso vanifica la normativa.
Anche secondo Armando Zambrano, di Professioni italiane, l'equo compenso andrebbe esteso a tutti i clienti, senza distinzioni di tipo o dimensione, «un'estensione che andrebbe a tutelare non solo i professionisti rispetto ai clienti ma anche gli stessi clienti che avrebbero dei riferimenti sui valori delle prestazioni».Un altro aspetto criticato del testo in discussione riguarda le sanzioni, che ricadano sul professionista e non sul committente, un paradosso secondo Adc. Obiezioni simili sono state sollevate anche da Confprofessioni (si veda il Sole 24 Ore dell'8 ottobre), mentre per il Colap (libere professioni) la proposta non rispecchia le reali necessità dei professionisti.
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