Imposte

Compensi incentivanti all’estero già assorbiti nel regime forfettario

Per l’Agenzia (interpello 783) decisivo il fatto che le remunerazioni derivino da un’attività svolta in un altro Stato

di Marco Strafile

Con la risposta all’interpello 783/2021 le Entrate affrontano il caso di un ex dipendente, il quale, in virtù di una risoluzione consensuale del rapporto, risulta destinatario di remunerazioni incentivanti su base azionaria e di un patto di non concorrenza afferenti ad attività svolta all’estero.

Nell’istanza viene rappresentato che con la cessazione il datore di lavoro svizzero si è impegnato ad erogare:

a) azioni collegate ai Piani incentivanti di Restricted Stock Unit e Performance Share Unit (che allo scadere del periodo di maturazione, cosiddetto vesting period – anche successivo alla risoluzione del contratto di lavoro - danno diritto di ricevere gratuitamente azioni della società capogruppo) interamente correlate all’attività svolta all’estero nel periodo tra la data di assegnazione delle stesse e quella di cessazione;

b) un’ulteriore somma a titolo di obblighi contrattuali di non concorrenza, erogata per il 50% alla data di cessazione del rapporto (già tassata in Svizzera) e per l’altra metà allo scadere dell’anno successivo.

Il dipendente, essendosi qualificato durante il vesting period dei compensi incentivanti come fiscalmente residente in Italia, fa presente di aver tassato l’attività prestata all’estero sulla base delle retribuzioni convenzionali di cui all’articolo 51, comma 8-bis, del Tuir; chiede pertanto all’Agenzia se le erogazioni derivanti dal Mutual termination agreement riferibili all’attività resa fuori dall’Italia possano ritenersi assorbite nel regime forfettario e, quindi, già tassate.

Per quanto attiene alle assegnazioni di azioni derivanti dai piani di incentivazione l’Agenzia ne conferma l’imponibilità in Italia ai sensi del principio domestico di tassazione su base mondiale, da coordinare tuttavia con le norme dell’articolo 15 (in materia di redditi di lavoro dipendente) del trattato contro le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Svizzera; tale previsione convenzionale ricomprende nel proprio ambito anche i compensi in natura (quali le stock option) e «chiarisce che la potestà impositiva dello Stato della fonte è subordinata alla condizione che tali compensi in natura derivino da un’attività di lavoro dipendente svolta in detto Stato, non rilevando l’eventuale diverso momento in cui il reddito è corrisposto e la circostanza che la tassazione avvenga in un periodo d’imposta successivo, in cui il dipendente non lavora più in detto Stato». L’Agenzia, pertanto, ritiene il valore delle azioni maturate nel periodo in cui era in corso il rapporto di lavoro all’estero già forfettariamente incluso nelle retribuzioni convenzionali tassate.

Anche per il patto di non concorrenza ricorre l’applicabilità del citato articolo 15, sebbene si ponga il problema di determinare il periodo di riferimento rilevante al fine di individuare la potestà impositiva tra gli Stati contraenti.

Sul punto si richiama il commentario Ocse, secondo cui tali compensi nella maggior parte dei casi non risultano «collegati direttamente a un’attività lavorativa svolta prima della cessazione del rapporto di impiego. In tali ipotesi, le somme corrisposte saranno soggette alla potestà impositiva dello Stato in cui il beneficiario degli emolumenti risulterà residente al momento della percezione degli stessi». L’Agenzia ritiene pertanto che il patto di non concorrenza non possa essere incluso nella retribuzione convenzionale e vada tassato separatamente in via esclusiva in Italia (Stato di residenza del percipiente) in base all’articolo 17, comma 1 lettera a) del Tuir.

Tale approccio, sebbene condivisibile, sul piano operativo pone qualche problema in relazione alla tranche del patto di non concorrenza già tassata in Svizzera; secondo tale impostazione, infatti, non dovrebbero sussistere fenomeni di doppia imposizione e quindi l’eventuale recupero in dichiarazione dei tributi esteri attraverso il credito di imposta di cui all’articolo 165 del Tuir potrebbe essere contestato dalle Entrate . Ma se la stessa lettura non fosse accolta dall’amministrazione fiscale svizzera, per il contribuente si porrebbe il problema di come evitare la doppia imposizione.

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