Imposte

Bonus edilizi, dissequestrati 220 milioni di crediti rilevati da Poste

I provvedimenti dei tribunali del riesame di Foggia, Perugia, Treviso. L’intermediario non coinvolto negli illeciti non può essere penalizzato

di Laura Serafini

Poste Italiane ottiene il dissequestro di quasi tutti crediti fiscali, tra bonus facciate e superbonus, sequestrati tra fine dicembre 2020 e gennaio 2021 su richiesta delle procure perché oggetto di truffa. Nel complesso, oggetto dei provvedimenti della magistratura erano finiti crediti fiscali per poco più di 220 milioni: su quasi tutti sono stati disposti provvedimenti di dissequestro su disposizione del tribunale del riesame di Foggia, Perugia e Treviso, dove sono state fatte le truffe di maggiore importo. Il risultato è stato raggiunto a seguito dell’impugnativa fatta dei legali della società, la quale ora ne trae un doppio beneficio. Da una parte ha maggiore certezza di non dover svalutare in bilancio i crediti fiscali (che possono essere incassati presso l’agenzia delle Entrate) e questo confermerà oggi l’ad Matteo del Fante, in occasione della presentazione del bilancio 2021 e dell’aggiornamento del piano industriale. Ma il vantaggio maggiore probabilmente è nella certezza del diritto che le motivazioni dei tribunali del riesame hanno consentito di ripristinare, fornendo un chiarimento definitivo sulle responsabilità legate all’acquisto di questi crediti fiscali da parte degli intermediari come Poste Italiane e non solo. È emerso che i sequestri, disposti nella fretta di impedire lo sperpero dei soldi pubblici, sono stati diretti sui soggetti sbagliati: bloccare i cassetti fiscali delle società a controllo pubblico e delle banche solo perché considerate “capienti”, e dunque in grado rimborsare allo Stato, non ha prodotto altro risultato che far scappare i presunti malfattori e refurtiva e di bloccare il mercato dei crediti fiscali. Se invece di bloccare gli intermediari - che per legge non possono essere ritenuti responsabili della bontà dei crediti se hanno operato in buona fede - gli inquirenti avessero subito bloccato i conti correnti dei presunti truffatori, probabilmente i soldi non sarebbero finiti all’estero o in altre attività illecite. Così ha fatto la procura di Rimini, che ha sequestrato i conti dei presunti malfattori e proceduto anche agli arresti. Una rara eccezione: altrettanto non è accaduto con i crediti fiscali sequestrati dalla procura di Roma, di cui poi una buona parte è stata avocata dalla procura di Foggia: qui Poste si è vista sequestrare crediti per circa 170 milioni, dissequestrati il 22 febbraio. A Perugia 39 milioni, ora in fase di dissequestro; a Treviso 12 milioni. Solo a Napoli (4 milioni sequestrati) il tribunale del riesame non ha concesso il provvedimento di dissequestro: la società è in attesa delle motivazioni per impugnare la sentenza. Le motivazioni del tribunale del riesame di Treviso sono illuminanti sulla vicenda dei crediti fiscali. «A fronte di tali previsione di legge – si spiega - è evidente che i crediti fiscali oggetto di gravato vincolo non possono ritenersi corpo delle contestate ipotesi di frode, ma semmai solo proventi delle stesse. Tali fini quindi non sono passibili di confisca diretta e neppure per equivalente nei confronti di soggetti terzi quale Poste Italiane, che risulta aver acquistato tali crediti, non risultando dalle indagini un qualche sol minimo elemento che consenta di ritenere tale cessionaria coinvolta negli illeciti oggetti di provvisoria accusa». Il principio in base al quale il cessionario che acquista in buona fede è soggetto terzo rispetto alla precedente operazione di creazione del credito - e quindi non risponde della bontà del credito di che compra - è stabilito dalle norme che hanno introdotto i bonus edilizi fiscali, ma anche dalle circolari fatte dall’agenzia delle Entrate. E dalla Banca d’Italia nell’agosto 2020, la quale attribuisce ai crediti fiscali acquistati da banche e da intermediari vigilati un rischio uguale a quello dei titoli di Stato (dunque pari a zero in termini di obblighi di accantonamenti patrimoniali).

Solo ora, dopo aver compreso a fondo il meccanismo alla base del credito fiscale, le procure stanno cominciando a sequestrare i conti correnti dove finiscono i soldi dell’acquisto di quei crediti. E questo dopo che è finalmente iniziata una più stretta collaborazione tra intermediari e inquirenti: la prova del riciclaggio emerge solo quando i soldi arrivano su un conto corrente sospetto, dunque quando la somma è già erogata. Prima del decreto antifrodi si doveva erogare il finanziamento e solo dopo si faceva la segnalazione; ora invece la segnalazione è obbligatoria anche in caso di sospetto preventivo. Certo è che se al momento del fondato dubbio di un comportamento illecito si disponesse un immediato sequestro dei conti correnti questo potrebbe far molto per evitare che i soldi pubblici finiscano all’estero.

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