Controlli e liti

Bonus ricerca e sviluppo nel mirino del Fisco tra crediti inesistenti e super-sanzioni

Spesso l’ufficio contesta che il credito non esiste anche se è ben documentato

di Pierpaolo Ceroli e Agnese Menghi

Negli ultimi tempi alcune direzioni provinciali delle Entrate hanno notificato atti di recupero del bonus ricerca e sviluppo (R&S), disconoscendo l’agevolazione. Quello regolato dal Dl 145/2013 e poi dalla legge 160/2019 è a tutt’oggi il bonus più usato per attività di R&S e gli atti in materia sono particolarmente delicati per almeno due profili: la contestazione di crediti ritenuti “inesistenti” e la proporzionalità delle sanzioni.

La corretta demarcazione tra credito inesistente e credito non spettante è stata ribadita dal Principio di interpretazione/1 di Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore, ma purtroppo viene spesso disattesa dagli uffici (si veda Il Sole 24 Ore dell’8 febbraio 2021). Secondo l’articolo 13, comma 4, del Dlgs 471/1997 si definisce «credito non spettante» l’importo utilizzato in misura superiore a quella effettivamente spettante. Mentre ricade nell’ambito del «credito inesistente», in base al comma 5 del citato articolo 13, il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli automatici e formali (articoli 36-bis e 36-ter, Dpr 600/73, e 54-bis, Dpr 633/72). Per il primo si sconta una sanzione del 30% del credito utilizzato negli ordinari termini di accertamento, mentre nel secondo caso la sanzione è dal 100 al 200% dei crediti stessi e l’atto di recupero può essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo. Ad esempio, un credito del 2019 usato nel 2021 può essere contestato fino al 31 dicembre 2029. Entrambe le condotte sono punibili ai fini penali, ma sono previste soglie di punibilità diverse, con pene maggiori per i crediti inesistenti (articolo 10-quater, Dlgs 74/2000).

Al momento, gli avvisi di recupero emessi contestano l’esistenza stessa del credito, con un aggravio quindi per il contribuente. Gli atti muovono dalle indicazioni Ocse fornite con il Manuale di Frascati e, quindi, l’agevolazione viene negata quando l’attività R&S non ha i requisiti di novità, creatività, incertezza, sistematicità e riproducibilità. Ad esempio, il Fisco può contestare l’integrazione negli impianti di strumentazioni già presenti sul mercato (si vedano le schede).

A ciò si aggiunga che nella circolare 31/E/2020 (commentata da Assonime nella circolare 1/2021), proprio in riferimento al credito R&S, l’Agenzia ha specificato che qualora a seguito dei controlli sia accertato che le attività e le spese sostenute non siano ammissibili al credito si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito “inesistente” per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo. Tuttavia, queste istruzioni non tengono conto della relazione illustrativa al Dlgs 158/2015, che ha riscritto il già citato articolo 13, secondo cui per far scattare l’inesistenza del beneficio non è sufficiente contestare il presupposto costitutivo, in quanto «il riferimento operato al riscontro dell’esistenza del credito da utilizzare in compensazione mediante procedure automatizzate rappresenta condizione ulteriore a quella dell’esistenza sostanziale del credito, ed è volta ad evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, pur sostanzialmente inesistente, può essere facilmente “intercettato” mediante controlli automatizzati, nel presupposto che la condotta del contribuente si connota per scarsa insidiosità». Pertanto, si ritiene che per configurarsi un’ipotesi di credito inesistente si debba anche dimostrare l’intento fraudolento del contribuente, senza dimenticarsi però che la norma agevolativa richiede la certificazione dell’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile da parte di un revisore.

Bisogna ricordare però anche le indicazioni più recenti. Con la circolare 4/E/2021 viene evidenziata la necessità di evitare azioni non adeguatamente commisurate al rischio sotteso. Tale orientamento era stato in parte anticipato con il documento 31/E/2020, in cui veniva richiesto agli uffici di applicare la sanzione ridotta alla metà del minimo edittale (50% anziché 100% del credito) quando vi è sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione. Pertanto, sebbene le indicazioni fornite a livello centrale spingano per l’accertamento dei crediti inesistenti, viene ricordata anche la necessità di commisurare le conseguenze al rischio sottostante. Principio senz’altro condivisibile, che tuttavia non sembra essere rispettato negli atti di recupero attualmente emessi.

LE CONTESTAZIONI PIÙ FREQUENTI
Alcune delle argomentazioni più comuni poste dall’Amministrazione finanziaria a fondamento delle contestazioni sul bonus R&S

1. Strumenti già presenti sul mercato
Il semplice utilizzo e l’integrazione nei propri impianti industriali delle conoscenze e strumentazioni già presenti sul mercato non possono essere considerate nuove attività ai fini dell’agevolazione per la ricerca e lo sviluppo: non sono infatti finalizzati al raggiungimento di avanzamenti delle conoscenze generali in campo scientifico e tecnologico e non rispettano i criteri richiesti dal Manuale di Frascati, poiché il progetto di ricerca e sviluppo deve essere creativo, cioè «avere come obiettivo la creazione di nuovi concetti o idee che migliorino le conoscenze esistenti».

2. Non basta migliorare il ciclo produttivo
Il solo miglioramento del ciclo produttivo non può decretare il riconoscimento del credito per ricerca e sviluppo se non vi è effettiva innovazione, ossia la capacità di «produrre un avanzamento scientifico e tecnologico» volto a tradursi in un aumento dello stock di conoscenza che deve essere valutata a livello internazionale e per tutto il settore di appartenenza.

3. L’impiego di personale non qualificato
L’impiego di personale nelle attività di ricerca e sviluppo aventi qualifica di operai, impiegati e lavoratori interinali depone a sfavore del riconoscimento del credito in quanto, secondo le direttive contenute nel Manuale di Frascati, si presume che per intraprendere un progetto di ricerca e sviluppo sia necessaria una serie di competenze quali ad esempio l’essere classificati come ricercatori che, in quanto tali, sono necessari per individuare un’attività di ricerca e svluppo in grado di soddisfare i criteri richiesti.
Di contro, le attività svolte dal personale dipendente, quando non asseritamente qualificate dalla società come ricerca e sviluppo, non richiedono particolari conoscenze e abilità e pertanto sono in realtà da inquadrarsi nelle ordinarie attività di produzione

4. Focus sui margini di incertezza della società
Viene spesso contestata da parte dell’amministrazione finanziaria la mancata indicazione in concreto di quali sarebbero state le difficoltà e le incertezze di tipo scientifico o tecnologico che la società avrebbe potuto incontrare nella realizzazione del progetto d’investimento e che, non essendo superabili o risolvibili con le conoscenze e le capacità disponibili, avrebbero reso necessarie le attività di ricerca e sviluppo.

5. Risultati non riproducibili da altri
I verificatori contestano in altri casi l’assenza del criterio dell’applicazione generale.
Con tale accezione si intende che i risultati di un progetto di ricerca e sviluppo devono soddisfare il criterio della trasferibilità/riproducibilità, deve cioè essere consentito il trasferimento delle nuove conoscenze, assicurarne l’utilizzo e consentire ad altri ricercatori di riprodurne i risultati nell’ambito delle loro attività di ricerca e sviluppo.
Ciò include anche attività che abbiano dato risultati negativi, nel caso in cui un’ipotesi iniziale non sia confermata o un prodotto non possa essere sviluppato come originariamente previsto. Poiché lo scopo della ricerca e dello sviluppo è l’aumento del patrimonio di conoscenze esistenti, i risultati non possono rimanere taciti (ossia rimanere nella sola mente dei ricercatori), in quanto essi, e le conoscenze associate, rischierebbero di andare perduti.
Il trasferimento dei risultati può essere dimostrato, ad esempio, dalla pubblicazione nella letteratura scientifica e dall’uso di strumenti di tutela della proprietà intellettuale.
Pertanto, anche quando i risultati delle attività intraprese siano stati raccolti e strutturati, così da poter essere immediatamente trasferiti alla fase di ingegnerizzazione e sfruttamento industriale subito a valle, non si determina necessariamente un ampliamento delle conoscenze a livello globale, come richiesto se si fosse trattato effettivamente - dal punto di vista del Fisco - di ricerca e sviluppo.

6. Limiti allo sviluppo dei software
Con specifico riferimento alle attività di progettazione, programmazione e realizzazione di software, di servizi web e app, secondo i criteri di classificazione del citato Manuale di Frascati, non costituiscono attività di ricerca e sviluppo, tra le altre:
- le attività concernenti lo sviluppo di software applicativi e di sistemi informativi aziendali che utilizzino metodi conosciuti e strumenti software già esistenti;
- l’aggiunta di nuove funzionalità per l’utente a programmi applicativi esistenti;
- la creazione di siti web o software utilizzando strumenti esistenti;
- la customizzazione di prodotti per un particolare uso.
Ne consegue che sono esclusi dall’agevolazione gli investimenti in tecnologie già disponibili e diffuse in tutti i settori economici, in quanto per tali investimenti mancano i requisiti della novità e del rischio finanziario (nonché di insuccesso tecnico) che dovrebbero caratterizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo.

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