Professione

Contributi al bivio in dichiarazione

di Andrea Barison

I contributi previdenziali versati dai notai alla cassa di previdenza non possono essere dedotti dal reddito professionale, ma da quello complessivo. E questo perché non possono essere considerati una spesa inerente alla produzione del reddito di lavoro autonomo. Ad affermarlo è la sentenza 661/7/2017 della Ctr della Puglia (presidente e relatore Dima).

La vicenda scaturisce dal ricorso presentato da uno studio notarile contro l’avviso di accertamento, ai fini Irap, emesso dall'agenzia delle Entrate con il quale venivano recuperati a tassazione i contributi alla cassa di previdenza. Secondo il Fisco, questi oneri non costituiscono una spesa inerente alla produzione del reddito professionale e non potevano essere dedotti dal reddito di lavoro autonomo, ma dal reddito complessivo.

Lo studio notarile propone ricorso e la Commissione tributaria provinciale riconosce le sue ragioni.

L’agenzia delle Entrate, allora, appella la sentenza, confermando le proprie argomentazioni. Lo studio notarile non si costituisce in giudizio e la Ctr accoglie l'appello del Fisco.

I giudici di secondo grado osservano che i contributi versati obbligatoriamente dai notai alla loro cassa di previdenza rivestono natura previdenziale e assistenziale, in quanto hanno lo scopo di assicurare al professionista il diritto alla pensione e una assistenza socio-sanitaria in caso di malattia o infortuni. Da ciò, proseguono i giudici, discende che tali importi sono estranei al processo produttivo del reddito di lavoro autonomo, non potendosi configurare un rapporto di causa effetto fra le due diverse sfere di attività. La prima, evidenziano i giudici, attiene direttamente alla sfera personale del professionista e soddisfa l’esigenza di assicurare la tutela previdenziale e assistenziale. La seconda, invece, riguarda la produzione dei ricavi. Né deve trarre in inganno il fatto che i contributi siano commisurati all'ammontare degli onorari percepiti dal professionista, in quanto questo rappresenta solamente un parametro per determinare l'entità delle somme da versare.

Pertanto, rileva la Ctr, dal momento che solo i costi inerenti alla produzione del reddito professionale possono essere dedotti dal reddito di lavoro autonomo (articolo 54 del Dpr 917/1986), i contributi previdenziali obbligatori versati dai professionisti vanno dedotti dal reddito complessivo (articolo 10 del Dpr 917/1986).

I contributi, conclude la Ctr, andavano dedotti indicandoli nel quadro RP dedicato agli oneri deducibili, e non nel quadro RE dedicato alla determinazione del reddito di lavoro autonomo.

Pur a parità di cifre, l’indicazione dell’importo nel quadro scorretto non è un dato puramente formale, ma si può riflettere – come nel caso specifico – sulla contestazione di indeducibilità da parte dell’ufficio.

Nel caso esaminato dai giudici pugliesi, inoltre, è da evidenziare che la deduzione dei contributi previdenziali dal reddito di lavoro autonomo anziché dal reddito complessivo porta, conseguentemente, a una riduzione della base imponibile Irap.

In senso contrario alla posizione assunta dalla Ctr Puglia, tra le altre, si segnala la sentenza 6/1/2016 della Ctr Basilicata secondo la quale, invece, vanno dedotti dal reddito di lavoro autonomo.

Ctr Puglia 661/7/2017

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