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Aliquota Ires ridotta per i proventi da locazione dell’ente religioso

La sentenza 1164/2023 della Cassazione afferma l’applicabilità dell’aliquota al 12% invece che al 24%

di Jessica Pettinacci e Gabriele Sepio

Riduzione aliquota Ires, sì all’agevolazione per i proventi da locazione percepiti dall’ente religioso. È quanto emerge dalla sentenza 1164/2023, con cui la Cassazione chiarisce i requisiti di applicabilità dell’agevolazione fiscale prevista ai fini delle imposte sui redditi (in base all’articolo 6, comma 1, del Dpr 601/73). Vale a dire quella misura che prevede un dimezzamento dell’aliquota d’imposta Ires – del 12% anziché del 24% - nei confronti, tra gli altri, di enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza.

Oltre al profilo soggettivo, la spettanza dell’agevolazione è tuttavia subordinata anche a requisiti oggettivi. Non rileva soltanto la tipologia del soggetto, ma anche la natura dell’attività svolta dallo stesso. Proprio su quest’ultimo aspetto, con riguardo ai redditi derivanti dal patrimonio immobiliare, arrivano i chiarimenti della Corte. Non tutti i redditi derivanti dalla locazione percepiti degli enti contemplati dalla norma rientrano infatti nell’agevolazione fiscale. Due, nello specifico, le condizioni da rispettare. Anzitutto, i proventi devono essere effettivamente ed esclusivamente impiegati nelle attività istituzionali previsti dalla norma. Inoltre, si deve essere in presenza di un mero godimento del patrimonio immobiliare. In sostanza, gli immobili non debbono risultare inseriti nel contesto di un’organizzazione in forma imprenditoriale. Piuttosto è necessario che siano posseduti al mero scopo di trarne redditi di natura fondiaria attraverso i quali l’ente si sostiene e si procura i proventi per poter raggiungere i propri fini istituzionali. Discorso diverso il caso in cui gli enti adottano ad esempio tecniche di marketing finalizzate ad attirare clientela e sono presenti nel mercato con spot pubblicitari ad hoc, insegne o marchi distintivi. In quest’ipotesi è chiara l’esclusione dall’agevolazione, posto che la locazione non si risolve nella mera riscossione dei canoni ma viene svolta attraverso una specifica e dedicata organizzazione di mezzi e risorse funzionali all’ottenimento del risultato economico.

La pronuncia si pone in ogni caso in linea con gli orientamenti di prassi. Già l’amministrazione finanziaria aveva infatti ammesso l’agevolazione per gli enti religiosi anche con riferimento ai proventi derivanti dai canoni di locazione o da attività commerciali diverse svolte in maniera non prevalente o esclusiva (circolare 15/E/2022). Ciò, tuttavia, a condizione che siano rispettate le condizioni su esposte e che dunque il godimento, in via conservativa, del patrimonio immobiliare avvenga in conformità alle finalità dell’ente. Altro aspetto attenzionato dalla Corte è, poi, quello di carattere temporale. L’agevolazione del Dpr 601/1973 sarà disapplicata per gli enti iscritti nel Registro unico del Terzo settore (Runts). La disapplicazione non è già operativa, trovando infatti efficacia una volta intervenuta l’autorizzazione Ue sui nuovi regimi fiscali del Codice del Terzo settore. In ogni caso, a prescindere dall’iscrizione nel Runts, la misura fiscale verrà definitivamente meno.

La legge di bilancio 2019 ha infatti disposto l’abrogazione dell’agevolazione, che è stata tuttavia ripristinata temporaneamente sino al momento in cui «con successivi provvedimenti legislativi» saranno individuate «misure di favore, compatibili con il diritto dell’Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali nel rispetto dei principi di solidarietà e sussidiarietà» (articolo 1, comma 8-bis del Dl 135/2018 convertito con modificazioni dalla legge 12/2019). Con la precisazione, tuttavia, che dovrà essere assicurato, nell’individuazione delle misure di favore, il necessario coordinamento con le disposizioni del codice del Terzo settore.